Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

L’assoggettabilità di un progetto di riassetto urbano a Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) può dipendere esclusivamente da un criterio dimensionale?

di Samuele Belfrond

L’assoggettabilità di un progetto di riassetto urbano a Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) può dipendere esclusivamente da un criterio dimensionale?

La Sezione II della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 25 maggio 2023, resa nella causa C‑575/21, avente ad oggetto il rinvio pregiudiziale proposto alla Corte dal Verwaltungsgericht Wien (Tribunale amministrativo di Vienna, Austria), si è espressa chiaramente, fornendo risposta negativa.

Per la Corte di Giustizia, l’articolo 2, paragrafo 1, l’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 3, l’allegato II, punto 10, lettera b), e l’allegato III della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, “ostano a una normativa nazionale che subordina la realizzazione di una valutazione dell’impatto ambientale di «progetti di riassetto urbano», da un lato, al superamento delle soglie di occupazione di una superficie di almeno 15 ettari e di superficie lorda pavimentata superiore a 150 000 m² e, dall’altro, al fatto che si tratti di un progetto urbanistico finalizzato alla costruzione di un complesso multifunzionale, il quale comprende quantomeno edifici residenziali e per uffici, progetto che includa le strade e le infrastrutture di urbanizzazione previste a tal fine e disponga di un bacino di utenza che si estende al di là dell’area interessata dal progetto”.

Aggiunge la Corte di Giustizia che “nell’ambito di un esame caso per caso se un progetto possa avere un impatto ambientale significativo e debba quindi essere sottoposto a una valutazione del suo impatto ambientale, l’autorità competente deve esaminare il progetto di cui trattasi alla luce di tutti i criteri di selezione riportati nell’allegato III della direttiva 2011/92, come modificata, al fine di determinare i criteri pertinenti nel caso di specie e deve poi applicare tali criteri pertinenti alla situazione del caso specifico”.

  1. La V.I.A. in Austria e il giudizio a quo

In Austria, la valutazione di impatto ambientale è regolata dalla legge n. 697/1993 (attuativa della direttiva dell’Unione Europea n. 2011/92), la quale:

  1. subordina a tale procedimento i progetti di riassetto urbano che interessano una superficie occupata di almeno 15 ettari e una superficie lorda pavimentata superiore a 150.000 m²;
  2. stabilisce in via generale che anche quando i progetti non raggiungano le soglie per l’applicabilità della valutazione di impatto ambientale, l’autorità debba comunque caso per caso (c.d. screening VIA) accertare se, a causa del cumulo di effetti con opere già realizzate, ci si debba aspettare effetti particolarmente pregiudizievoli e nel caso procedere con la valutazione di impatto ambientale del progetto proposto. Al riguardo, la valutazione circa il cumulo degli effetti deve prendere in considerazione soltanto la somma delle capacità autorizzate negli ultimi 5 anni e non devono essere soggetti al procedimento di screening VIA quei progetti aventi una capacità inferiore al 25% del valore soglia.

Il giudizio a quo aveva ad oggetto la correttezza delle valutazioni operate dall’autorità, in materia di valutazione di impatto ambientale, in relazione allo sviluppo di un’area situata nel centro di Vienna, consistente nella costruzione, previa demolizione dell’Hotel InterContinental, di quattro nuovi corpi di fabbrica, aventi funzione ricettiva, congressuale, residenziale e direzionale, oltre a parcheggi e dotazioni a servizi (piscina, parco e palestra). L’intervento avrebbe dovuto interessare un’area di 1,55 ettari e una superfice lorda pavimentata di 89 mila metri quadri nel contesto del centro città della capitale austriaca, che dai primi anni duemila è patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Nell’ottobre 2018 il Land di Vienna aveva emanato un provvedimento con cui veniva esclusa l’assoggettabilità del progetto alla V.I.A. che, in base alle valutazioni operate, non raggiungeva le soglie minime previste dalla normativa austriaca per l’attivazione della procedura di V.I.A. né la soglia del 25%, che avrebbe reso necessario sottoporre il progetto allo screening V.I.A. finalizzato a verificare l’eventuale cumulo di effetti pregiudizievoli con altre opere già realizzate nella zona.

Il provvedimento in questione veniva impugnato da un’organizzazione ambientalista e da alcuni cittadini dinnanzi alle corti amministrative federali che, annullando il provvedimento del Land, sottolineavano come la trasposizione della direttiva n. 2011/92 nell’ordinamento austriaco apparisse insufficiente e che, con riferimento a progetti analoghi a quello di specie, fosse necessario prevedere una valutazione caso per caso circa la loro assoggettabilità a VIA.

In precedenza, nel novembre 2018, parallelamente al procedimento di esclusione dalla V.I.A., lo sviluppatore dell’area chiedeva al Comune di Vienna il rilascio del permesso di costruire, richiesta a cui tale amministrazione non dava alcun riscontro.

In questo contesto maturava allora il giudizio a quo: nel marzo 2021, difatti, lo sviluppatore proponeva ricorso per carenza al Tribunale amministrativo di Vienna, chiedendo al giudice di sostituirsi all’amministrazione e concedergli il permesso di costruire richiesto.

Il giudice del rinvio, prima di pronunciarsi su detta domanda, sollevava questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per ottenere i chiarimenti interpretativi necessari per stabilire se il progetto di riassetto urbano dell’area dell’hotel InterContinental dovesse o meno essere sottoposto a VIA. In particolare, il giudice del rinvio chiedeva se la direttiva n. 2011/92 ostasse a una normativa nazionale che subordinava la VIA di progetti di riassetto urbano, da un lato, al superamento delle soglie di occupazione di una superficie di almeno 15 ettari e di superficie lorda pavimentata superiore a 150 000 e, dall’altro, che non fissava soglie più basse o criteri più rigorosi, in funzione dell’ubicazione dei progetti interessati, in particolare in zone importanti dal punto di vista storico, culturale, urbanistico o architettonico.

  • Il giudizio in Corte di Giustizia e l’iter argomentativo della Corte ai fini della decisione

La Corte di Giustizia, nella sentenza in commento, ha ricordato in prima battuta come l’obiettivo della direttiva sia quello di assoggettare i progetti che si prevede possano avere un impatto ambientale rilevante a causa della loro natura, dimensione e/o ubicazione ad una valutazione del loro impatto, prima di autorizzarne la realizzazione. In quest’ottica il giudice europeo ha rimarcato come anche un progetto di ridotte dimensioni possa avere un impatto significativo sull’ambiente e come, peraltro, nella valutazione di certe tipologie di progetti sia necessario tenere conto del loro impatto anche sulla popolazione e sulla salute umana, sulla biodiversità, sul suolo, sull’acqua, sull’aria e sul clima, nonché sui beni materiali, sul patrimonio culturale e sul paesaggio.

Infine la Corte ha anche rilevato come gli stati membri, nell’attuare la direttiva n. 2011/92, debbano determinare le soglie di assoggettabilità a VIA tenendo in conto i criteri enunciati dall’allegato III alla stessa direttiva, tra i quali spiccano innanzitutto le caratteristiche dei progetti, da considerare con riguardo alla dimensione del progetto e al cumulo di quest’ultimo con altri progetti esistenti o approvati; in secondo luogo, l’ubicazione dei progetti, considerando la sensibilità ambientale delle aree geografiche, l’uso esistente e approvato dell’area, la capacità di carico dell’ambiente naturale, dedicando un’attenzione particolare alle zone ad alta densità demografica e ai paesaggi e siti di importanza storica, culturale o archeologica; in terzo luogo, le caratteristiche dell’impatto potenziale dei progetti, in particolare per quanto riguarda l’area geografica e la popolazione che potrebbe essere interessata dagli stessi e l’effetto cumulativo di questi ultimi con altri progetti esistenti o approvati.

A detta della Corte, dunque, lo stato membro che fissasse criteri di assoggettabilità a V.I.A. tenendo conto soltanto delle dimensioni dei progetti, senza prendere in considerazione i criteri appena illustrati, eccederebbe il margine di discrezionalità di cui dispone nell’attuazione della direttiva. Nel caso di specie ciò rileva anche in considerazione del fatto che l’area oggetto del giudizio a quo ricade all’interno di un sito dichiarato patrimonio mondiale dall’UNESCO.

Invero, ha riconosciuto la Corte, se uno stato membro ricorre a soglie limite per valutare la necessità di procedere a V.I.A., “è necessario prendere in considerazione elementi quali l’ubicazione dei progetti, ad esempio fissando più soglie limite corrispondenti a diverse dimensioni di progetti, applicabili in funzione della natura e dell’ubicazione del progetto”.

Infine, la Corte ha ricordato come, per sua giurisprudenza costante, rappresenti violazione del margine di discrezionalità nell’attuazione della direttiva anche il caso in cui uno stato fissi soglie tali da sottrarre, in pratica, la totalità dei progetti di un certo tipo all’obbligo di realizzare una V.I.A. In relazione al caso di specie la Corte ha rilevato che le soglie individuate dal legislatore austriaco sono così elevate per aree urbane caratterizzate da un alto tasso di urbanizzazione, da sottrarre di fatto la maggior parte dei progetti di riassetto urbano all’obbligo di effettuare una V.I.A. Tale sottrazione, conclude la Corte, sarebbe giustificata soltanto se l’impatto complessivo dei progetti esclusi da V.I.A può essere considerato, sulla base di una valutazione globale, inidoneo ad avere un impatto ambientale significativo. In definitiva, dunque, il giudice europeo ha sancito che il diritto dell’Unione osta alla normativa in tema di V.I.A. applicabile ai progetti di rispetto urbano presente nell’ordinamento austriaco.

  • Che impatti avrà la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla normativa italiana in materia V.I.A. e quali le ripercussioni in sede di valutazione di nuovi progetti?

Anche in virtù della valenza interpretativa che i rinvii pregiudiziali e le sentenze della Corte hanno per i giudici nazionali, è opportuno chiedersi se e in che misura i principi di diritto enunciati dal giudice del Lussemburgo possano impattare sull’ordinamento italiano.

Chiariamo subito un aspetto molto importante: la normativa italiana in materia di progetti di riassetto urbano e V.I.A. non è del tutto sovrapponibile a quella austrica.

Il legislatore Italiano, ai fini V.I.A., ha previsto soglie dimensionali differenziate in ragione dell’ubicazione dell’area interessata dallo sviluppo. Difatti, ai sensi del d.lgs. 152/2006, in Italia i progetti di riassetto urbano sono sottoposti a procedimento di screening VIA (allegato 4, punto 7, lett. b) qualora riguardino “progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari”.

In altre parole, in Italia sotto il profilo V.I.A. progetti in zone di espansione e progetti in zone già urbanizzate vengono trattate in maniera differente.

Questa distinzione non viene operata dal Legislatore austriaco, vero punto debole della normativa austriaca a detta della Corte (che generalizza, applicando una soglia unica rispetto a situazioni e contesti differenti).

Resta però il forte dubbio, anche alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte nella pronuncia in commento circa i margini di discrezionalità in capo ai legislatori nazionali in materia di V.I.A. e relative soglie, che le soglie dimensionali individuate dal d.lgs. 152/2006, in relazione ai progetti di riassetto urbano, (i.e., 40 e 10 ettari) ostino comunque alla effettiva applicazione della normativa V.I.A., nella misura in cui di fatto comportano l’automatica esclusione da Screening V.I.A./V.I.A. di tutti quei progetti che interessano aree inferiori a 100.000 m² (i.e., la stragrande maggioranza, specie nelle grandi città).

Quanto sopra, anche alla luce della sempre più crescente attenzione, anche dell’opinione pubblica, rispetto all’ambiente e agli impatti che l’attività umana ha sullo stesso e le recenti iniziative intraprese dall’Italia in materia (su tutte, le modifiche intervenute all’art. 9 della Costituzione).