Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

Destinazioni agricole: quante sono le funzioni insediabili?

di Claudia Sassoli

La destinazione agricola deve ritenersi compatibile anche con usi del territorio diversi, ovvero comunque non immediatamente riferibili all’uso agricolo-produttivo, dovendo escludersi che la suddetta destinazione imponga un obbligo a carico del proprietario di utilizzare effettivamente il proprio fondo per tali finalità. Ciò che la destinazione agricola impone è, dunque, la preservazione delle caratteristiche di naturalità del territorio, ciò sia in funzione di un futuro ed eventuale suo utilizzo per finalità produttive, sia in funzione di tutela del territorio nella sua dimensione paesaggistica ed ambientale (commento alla sentenza TAR Veneto, Sezione Seconda, 19 gennaio 2023, n 83)

La pronuncia in commento ha definito il ricorso promosso da una società sportiva dilettantistica avverso il Comune per l’annullamento del provvedimento adottato da quest’ultimo e avente ad oggetto il divieto di prosecuzione di ogni attività sportiva sull’area con destinazione agricola.

La società ricorrente, infatti, volendo dare avvio a corsi per lo svolgimento di attività motoria all’aria aperta sul fondo aveva presentato allo Sportello Unico delle Attività Produttive (“SUAP”) domanda di autorizzazione allo svolgimento di attività dilettantistiche all’aperto.

In seguito a tale richiesta, il Comune, dopo aver svolto l’istruttoria e tre sopralluoghi, ha concluso il procedimento adottando il provvedimento oggetto della richiesta di annullamento al TAR.

La ricorrente ha motivato il ricorso eccependo che sull’istanza presentata al SUAP si sarebbe formato il silenzio – assenso, e, pertanto, il provvedimento impugnato, non costituente esercizio di autotutela, sarebbe stato tardivo e illegittimo.

Con il secondo motivo la parte ha addotto l’erroneità della motivazione del provvedimento di divieto fondata dall’asserita incompatibilità dell’attività sportiva svolta sull’area con la destinazione agricola di quest’ultima. Il ricorrente, infatti, sostiene la compatibilità tra lo svolgimento di attività sportiva e la zona agricola, laddove avvenga con modalità tali da non determinare trasformazioni del territorio che ne alterino permanentemente i caratteri di naturalità.

Il TAR ha accolto il ricorso e ha, in primo luogo ricordato, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario alla stregua del quale sono compatibili usi diversi dell’area con destinazione agricola e, pertanto, anche usi del territorio che non sono immediatamente riferibili all’uso agricolo – produttivo. Si deve, quindi, escludere un obbligo del proprietario di utilizzare il fondo al solo scopo agricolo – produttivo. L’unico vincolo imposto dalla destinazione agricola di un’area è la preservazione delle caratteristiche di naturalità del territorio sia in funzione di un futuro ed eventuale utilizzo per finalità produttive sia in funzione di tutela del territorio nella sua dimensione paesaggistica ed ambientale.

Il TAR, poi, ha ripreso la definizione conferita dai giudici del Consiglio di Stato e della Cassazione ai terreni con destinazione agricola chiarendo che questi sono aree del territorio urbano sottratte all’edilizia residenziale e destinate sia alla salvaguardia degli interessi dell’agricoltura che alla tutela del paesaggio in genere poiché tendono ad evitare l’edificazione di ulteriori insediamenti edilizi che possano risultare pregiudizievoli per il più conveniente equilibrio di vivibilità della popolazione. Inoltre, la giurisprudenza consente l’utilizzazione intermedia rispetto all’uso agricolo e quello edificatorio quale ad esempio, il parcheggio, la caccia, lo sport e l’agriturismo.

Tutto quanto sopra detto conferma che è consentito l’utilizzo del terreno anche per lo svolgimento di attività sportive all’aperto con il solo obbligo di non utilizzare attrezzature idonee a pregiudicare definitivamente la destinazione naturale del fondo o che comportino la deruralizzazione del territorio, salvo che a ciò non ostino le previsioni urbanistiche di zona.

Nel caso di specie, il provvedimento di diniego è stato considerato non legittimo in quanto la parte ricorrente ha dimostrato di non aver installato né utilizzato attrezzature idonee a determinare una trasformazione permanente del territorio o a determinarne la deruralizzazione. L’area risultava adibita, infati, a palestra a cielo aperto con percorsi training costruiti tramite utilizzo di alcuni tronchi d’albero legati assieme, gomme da trattore, fusti di ferro e attrezzi vari, opere che necessitano della presentazione della sola comunicazione di inizio lavori asseverata (“CILA”) all’ufficio competente e priva di contrasto con le previsioni urbanistiche che disciplinano l’area.

Lo strumento urbanistico comunale, infatti, definisce la zona come agricola di conservazione, ossia un’ area del territorio nelle quali il Comune prevede di favorire l’utilizzo a parco dell’ambiente rurale, compatibilmente con l’uso agricolo del territorio, favorire la realizzazione di aree boscate nel territorio agricolo, mantenere e ripristinare il sistema dei canali e delle scoline al fine di favorire e migliorare il regolare deflusso delle acque.

Il TAR, quindi, accoglie il ricorso e ribadisce nuovamente che l’utilizzo dell’area con la finalità di parco per lo svolgimento di attività sportiva e aperta al pubblico non comporta una modifica in modo permanente e stabile dell’assetto dei luoghi e non porta a deruralizzare il contesto.