Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

Efficienza energetica degli edifici: la road map dell’Europa e le criticità attuative in Italia

Efficienza energetica al primo posto. Non è uno slogan propagandistico, ma un principio giuridico dell’Unione Europea, che si inserisce tra i numerosissimi strumenti che l’Europa sta approntando nell’ambito del pacchetto “Pronti per il 55%” (Fit for 55%).

A dicembre 2020, l’Unione si è impegnata, infatti, a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai valori del 1990.

Il contesto di riferimento. La strategia di azione dell’UE per raggiungere questo obiettivo si dirama in moltissime direzioni e coinvolge numerosi campi di applicazione: dal controllo sull’utilizzo di nuovo suolo, all’uso di fonti rinnovabili, dalla tassazione dell’energia, alla mobilità verde nonché, appunto all’efficienza energetica. Soprattutto in edilizia.

Riportiamo di seguito il testo dell’articolo a firma di Carmen Chierchia pubblicato su Nt+Diritto.I futuri obblighi – come e quando cambierà

Infatti, secondo le stime dell’UE, gli edifici sono responsabili del 40% del consumo finale dell’energia, producono circa il 36% delle emissioni di gas ad effetto serra e immettono quasi la metà delle emissioni totali di particolato fine (PM2.5). Un settore fortemente energivoro, e al contempo molto inquinante dunque.

Una nuova visione per l’edilizia: diventa quindi necessario invertire la rotta e, per rendere il patrimonio edilizio esistente più efficiente, la proposta di direttiva si propone di introdurre strumenti normativi e pratici innovativi, spesso molto ambiziosi.

La proposta ha un percorso di approvazione ancora lungo davanti a sé: a metà marzo è prevista la discussione in Parlamento e poi inizierà il cd. Trilogo: la trattativa tra Parlamento, Commissione e Consiglio UE. Si stima che la direttiva potrebbe essere approvata definitivamente entro l’estate.

Quali edifici: La proposta di direttiva non fa sconti: tutti gli immobili dovranno essere ripensati, indipendentemente dalle destinazioni d’uso, dai soggetti proprietari, dalle dimensioni e dall’età degli stessi.

L’obiettivo è raggiungere un patrimonio immobiliare “a emissioni zero”, ossia composto da immobili ad altissima prestazione energetica (a) il cui fabbisogno di energia sia molto basso e (b) siano approvvigionati esclusivamente da fonti rinnovabili.

Le nuove costruzioni dovranno essere progettate “a emissioni zero” secondo due scaglioni temporali:

a) Dal 1 gennaio 2026, per quelli occupati, gestiti da enti pubblici o di proprietà pubblicab)Dal 1 gennaio 2038 tutti gli edifici di nuova costruzione.

È interessante notare che quindi dovranno rispettare la prima data (2026) anche gli immobili di proprietà privata che siano però occupati da enti pubblici.

Inoltre, la direttiva prevede che fino a queste scadenze, gli Stati membri dovranno provvedere affinché gli edifici di nuova costruzione siano almeno ad energia quasi zero e soddisfino i requisiti minimi di prestazione energetica.

L’obiettivo “emissioni zero” sarà applicato anche agli immobili esistenti: anch’essi dovranno divenire a “emissioni zero” con una scadenza più lunga, entro il 2050, attraverso quello che l’UE definisce una “ondata di ristrutturazioni”.

Ma come ci si arriva? Due sono i principali strumenti indicati dalla proposta di direttiva: la previsione di definite scadenze temporali per il raggiungimento di obiettivi di prestazione energetica più performanti e chiarimenti sui requisiti degli interventi di ristrutturazione.

Le norme minime di prestazione energetica e i requisiti minimi: la nuova direttiva introduce le norme minime di prestazione energetica che si affiancano ai requisiti minimi: esse fungono da obiettivi minimi, soglie minime da raggiungere in caso di nuova costruzione o ristrutturazione.

In particolare, la direttiva richiede che gli Stati membri provvedono affinché:

a) gli edifici e le unità immobiliari di proprietà di enti pubblici conseguano al più tardi

i) dal 1º gennaio 2027, almeno la classe di prestazione energetica E; e

ii) dal il 1º gennaio 2030, almeno la classe di prestazione energetica D;

b) gli edifici e le unità immobiliari non residenziali conseguano al più tardi

i) dal 1º gennaio 2027, almeno la classe di prestazione energetica E; e

ii) dal 1º gennaio 2030, almeno la classe di prestazione energetica D;

c)gli edifici e le unità immobiliari residenziali conseguano al più tardi

i) dal 1º gennaio 2030, almeno la classe di prestazione energetica E; e

ii) dal 1º gennaio 2033, almeno la classe di prestazione energetica D.

Interventi più pervasisi e deroghe. Resta poi fermo il potere per ciascuno Stato membro di stabilire norme minime di prestazione energetica per la ristrutturazione di tutti gli altri edifici esistenti. Del pari, è consentito agli Stati membri di non applicare le norme minime solo per determinate tipologie di fabbricati:

a) edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose;

b) fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine, depositi ed edifici non residenziali a basso fabbisogno energetico, di raffreddamento e riscaldamento, stazioni di rifornimento infrastrutturali, quali stazioni di trasformazione, sottostazioni, impianti di controllo della pressione, costruzioni ferroviarie, così come edifici non residenziali costruzioni ferroviarie, nonché edifici agricoli non residenziali usati in un settore disciplinato da un accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica;

c) edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno;

d) fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 metri quadrati.

Le nozioni di ristrutturazioni: importante e profonda …

Come è già successo in passato, la proposta di direttiva introduce due nuovi concetti di ristrutturazione: la ristrutturazione “profonda” e quella “importante”.

Le due definizioni incidono su aspetti differenti: quella profonda è collegata alla trasformazione fisica dell’immobile che tende all’obiettivo “zero emissioni” mentre quelle importante è parametrata all’impatto delle attività edilizia sul costo dei lavori o sulla quantità di superficie ristrutturata.

Più in particolare, la “ristrutturazione importante” si verifica quando:

a) il costo complessivo della ristrutturazione supera il 25% del valore dell’edificio;

b) la ristrutturazione riguarda più del 25% della superficie dell’involucro dell’edificio;

La “ristrutturazione profonda” è quella che trasforma un edificio o un’unità immobiliare:

a) entro il 1° gennaio 2030 in un edificio a energia quasi zero;

b) dal 1° gennaio 2030 in un edificio a zero emissioni;

Le spiegazioni che si leggono nel 33 considerando illustrano la ratio della definizione “(…) Una ristrutturazione profonda a fini di prestazione energetica è un’opportunità da cogliere per riuscire a far fronte ad altri aspetti: le condizioni di vita delle famiglie vulnerabili, l’aumento della resilienza ai cambiamenti climatici, la resilienza ai rischi di catastrofi, resilienza sismica compresa, la sicurezza antincendio, l’eliminazione delle sostanze pericolose tra cui l’amianto, l’accessibilità per le persone con disabilità“.

Questo argomento si innesta su un profilo molto critico del nostro ordinamento nazionale: la definizione degli interventi di ristrutturazione.

Dalla data di entrata in vigore del Testo Unico dell’Edilizia la definizione di ristrutturazione è mutata circa 10 volte: sembra che il legislatore italiano abbia notevoli difficoltà a cristallizzare in una norma la definizione di “ristrutturazione”, quali interventi includa, su quali immobili si può applicare, a quali vincoli soggiace e in quali parti del territorio.

Sarà una sfida ardua per il legislatore italiano (che dovrà recepire la direttiva) creare le condizioni per armonizzare le esigenze espresse dalla proposta di direttiva con le norme vigenti nell’ordinamento italiano.

Passaporto di ristrutturazione. Altra novità della proposta della direttiva è l’introduzione del “passaporto di ristrutturazione” ossia il documento che fornisce una tabella di marcia su misura per la ristrutturazione di un determinato edificio, in varie fasi che ne miglioreranno sensibilmente la prestazione energetica.

È un istituto che entrerà in vigore entro il 31 dicembre 2024 dopo che la Commissione avrà adottato atti delegati che istituiranno un quadro europeo comune per i passaporti di ristrutturazione. Il termine per gli Stati è il 31 dicembre 2024.