Il contrasto tra le disposizioni della legge regionale Lombardia 18/2019 e il Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano sugli immobili dismessi finisce alla Corte Costituzionale.
È noto, infatti, che sia la legge regionale citata che il PGT di Milano recano disposizioni puntuali e diverse sulle modalità di recupero degli immobili dismessi, circostanza che metteva gli operatori del mercato milanese di fronte a difficoltà interpretative circa la fonte normativa da applicare.
Nel corso di un giudizio pendente avanti il TAR Lombardia per l’annullamento dell’articolo 11 del nuovo PGT di Milano che detta le norme comunali sul recupero degli immobili dismessi, i giudici meneghini, ascoltando l’eccezione di incostituzionalità proposta dalla difesa dell’amministrazione comunale, con l’ordinanza 373 del 10 febbraio 2021 hanno sollevato la quesitone di legittimità costituzionale dell’art. 40 bis della Legge regionale 12 del 2005.
L’articolo in questione contiene le disposizioni regionali sugli immobili abbandonati, si tratta di una norma molto dettagliata, che incide direttamente sulle possibilità edificatorie degli immobili abbandonati, prevede bonus volumetrici e contiene esenzioni sulla necessità di reperire standard.
È una norma che non prevede l’apporto discrezionale delle amministrazioni comunali, non conferendo ai Comuni di limitare l’applicazione della norma regionale nei propri territori o di adeguarne o gradarne l’applicazione.
La domanda di fondo che soggiace al vaglio di costituzionalità quindi è: può la Regione entrare così direttamente nella previsioni urbanistico – edilizie dei comuni?
I fatti. La Legge regionale lombarda n. 18 del 26 dicembre 2019 ha introdotto l’articolo 40 bis nella L.R. 12/2005 (la legge urbanistica regionale). Questo articolo, al fine di incentivare percorsi di recupero degli immobili degradati, stabilisce che gli interventi su questi immobili usufruiscono di un incremento del 20% dei diritti edificatori e sono inoltre esentati dall’eventuale obbligo di reperimento di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale. Inoltre, gli interventi di rigenerazione degli immobili possono essere realizzati in deroga alle norme quantitative, morfologiche, sulle tipologie di intervento, sulle distanze previste dagli strumenti urbanistici comunali.
Il Comune di Milano ha recentemente approvato un nuovo strumento di pianificazione, il piano di governo del territorio 2030, divenuto efficace il 5 febbraio 2020, che già contiene una norma dedicata al recupero di immobili dismessi. Si tratta dell’articolo 11 del Piano delle Regole che, dopo aver indicato che il recupero degli edifici abbandonati e degradati costituisce attività di pubblica utilità, prevede che i proprietari degli edifici abbandonati possono presentare una proposta di piano attuativo o istanza di titolo abilitativo finalizzato al recupero dell’immobile. Il PGT di Milano stabilisce anche un termine di 18 mesi per avviare i lavori di recupero. Se le attività di recupero non si avviano nei termini indicato, il fabbricato deve essere demolito (riconoscendo ai proprietari la superficie lorda esistente dell’immobile). Infine, se i proprietari ritardano a demolire l’immobile, il Comune può sostituirsi ad essi che perderanno il riconoscimento della superficie lorda esistente, mantenendo unicamente l’indice di edificabilità territoriale unico di 0,35 mq/mq.
Contrasto tra disposizioni. È evidente che le due norme regolamentano la medesima disciplina (il recupero degli immobili dismessi) in modo diverso. Al di là della evidente antinomia, il TAR Milano ha sollevato la questione di costituzionalità ritenendo che la così fortemente dettagliata norma regionale non riuscirebbe a salvaguardare il potere di pianificazione comunale: la normativa regionale non lascerebbe spazio ai Comuni per adeguare la disciplina regionale alle previsioni regionali che, non potrebbero escludere l’applicazione della norma da parti del territorio, né potrebbero modulare l’incentivo volumetrico concesso o richiedere comunque una dotazione di standard. Secondo il TAR Milano si verificherebbe così una lesione della potestà pianificatoria dei Comuni.
Questo sarebbe ancora più evidente in relazione al Comune di Milano, atteso che questo aveva dettato una sua disciplina circa il recupero degli immobili dismessi. Il recupero pensato dalla municipalità è fondato, infatti, su logiche pianificatorie conservative (i proprietari avrebbe conservato la SL esistente dell’immobile) mentre la disciplina regionale, che garantisce incrementi volumetrici, si pone in una linea interpretativa completamente differente.
Centrale, nelle motivazioni che sostengono l’ordinanza 373/2020, il contrasto della disposizione regionale dell’art. 117, co. 2, lett. p): secondo i giudici del TAR l’articolo 40 bis lederebbe la funzione amministrativa comunale in ambito urbanistico. Infatti, in un sistema improntato al principio di sussidiarietà, in cui la funzione pianificatoria del Comune è principale, il potere del legislatore regionale di intervenire in materia assegnate preminentemente ai Comuni deve essere quantitativamente, qualitativamente e temporalmente circoscritto.
Secondo il TAR Lombardia il potere di intervento espresso attraverso l’articolo 40 bis non rispetterebbe questi limiti non riconoscendo neppure delle “riserve di tutela” in capo ai Comuni (non potendo questi modulare le previsioni di cui all’articolo 40 bis).
In questa vicenda, Comune e Regione affrontano un medesimo argomento, oggigiorno rilevantissimo quale la riqualificazione del patrimonio immobiliare dismesso, esprimendo politiche urbanistiche diverse. Nel Paese dei tanti contrasti di competenze, la Corte Costituzionale sarà quindi chiamata a pronunciarsi in una materia articolata, che concerne il governo del territorio, investe le funzioni fondamentali dei Comuni e attraversa il principio di sussidiarietà. Sarà quindi interessante leggere la sentenza della Corte Costituzionale per capire se accoglierà la lettura dei giudici meneghini o se proporrà una diversa lettura alle disposizioni in esame.