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I poteri di annullamento della SCIA

Di Luca Lusiardi

Premessa: l’istituto della SCIA

La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) è un atto con il quale il privato certifica la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per lo svolgimento di una data attività e rispetto al quale l’Amministrazione è chiamata ad una successiva verifica di conformità.

I legislatori nazionali e regionali, nell’ultimo decennio, nel contesto di una sempre crescente politica di liberalizzazione delle attività hanno esteso l’ambito operativo di questo istituto, ma sono ancora molti i dubbi nella prassi applicativa.

In particolare, tema lungamente dibattuto è quello dell’effettivo potere inibitorio, conformativo o repressivo che residua in capo all’Amministrazione una volta decorso il termine di 60/30 giorni dal deposito della SCIA e ai presupposti previsti dalla legge per il suo legittimo esercizio.

Sul punto, è intervenuto nuovamente il Consiglio di Stato, che, con la sentenza n. 10357 del 30 novembre 2023, è stato chiamato a pronunciarsi in punto di legittimità di un provvedimento inibitorio adottato da un Comune ai sensi del comma 4 dell’articolo 19, L. 241/1990 nei confronti di una SCIA edilizia, avente ad oggetto un mutamento di destinazione d’uso di un immobile da magazzino a residenziale, adottato successivamente alla scadenza del termine di 30 giorni previsto dalla legge.

Ma andiamo con ordine. Giova premettere un breve inquadramento normativo, al fine di consentire di comprendere appieno l’arresto della recente pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada.

Il Quadro normativo.

  1. I poteri dell’Amministrazione nei primi 60 (30) giorni.

Dal ricevimento di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), l’Amministrazione dispone di 60 giorni (30 nel caso di SCIA edilizia) per effettuare le verifiche circa la conformità della Segnalazione e, in caso di accertata carenza dei requisiti richiesti dalla legge, essa dispone di poteri inibitori, conformativi o repressivi. In particolare, l’articolo 19 comma 3 della L. 241/1990, prevede che l’Amministrazione possa, con provvedimento motivato:

  • ordinare, se possibile, la conformazione l’attività alla normativa vigente, invitando il privato ad adottare le necessarie modifiche entro un termine da essa stabilito;
  • vietare, se la conformazione non è possibile, la prosecuzione dell’attività oggetto della segnalazione;
  • ordinare la rimozione di eventuali effetti dannosi della stessa.
  • La potestà d’intervento residua dell’Amministrazione, decorso il termine di 60/30 giorni dal deposito

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 19, L. 241/1990, decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, l’Amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21-nonies (“il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”).

La pronuncia del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 10357 del 30 novembre 2023, muovendo dalle previsioni dell’articolo 19, L. 241/1990, ha ribadito come l’Amministrazione possa intervenire con provvedimenti inibitori, conformativi o repressivi in relazione a una SCIA, una volta decorsi i 60/30 giorni dal deposito, soltanto qualora ricorrano i tre presupposti dell’annullamento d’ufficio, come disciplinato dall’articolo 21 nonies della stessa Legge.

Il Consiglio di Stato, disattendendo le ragioni addotte dal Comune, nonché le conclusioni del giudice di primo grado, ha, quindi, accolto il ricorso del privato dichiarando illegittimo il provvedimento del Comune, assunto in difetto dei presupposti di cui all’articolo 19, comma 4, L. 241/1990.

In particolare,

  1. l’Amministrazione nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 19, comma 4, deve comunque ad osservare il “termine ragionevole” dei 12 mesi di cui all’articolo 21-nonies, che secondo la recente giurisprudenza, deve farsi decorrere dalla data della scadenza del precedente termine di sessanta (o trenta) giorni (Cons. Stato, Sez. II, 07 marzo 2023, n. 2371).
  2. l’Amministrazione deve tenere debitamente conto degli interessi del destinatario del provvedimento, operando una comparazione tra interessi in gioco, di cui è necessario, a pena di illegittimità, dare atto nella parte motiva del provvedimento;
  3. il provvedimento inibitorio, conformativo o repressivo degli effetti della SCIA deve essere supportato da ragioni di interesse pubblico, che, per costante giurisprudenza, non possono identificarsi nel mero interesse al ripristino della legalità violata, ma devono consistere in un interesse concreto ed attuale alla rimozione dell’atto (da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 21 novembre 2023, n. 9962).

Secondo il collegio giudicante, nel caso in esame, difettavano i presupposti previsti dalla legge per l’adozione di un provvedimento demolitivo della SCIA decorsi i 30 giorni.

Infatti, per quanto vi fossero elementi tali da far ritenere che l’intervento oggetto di SCIA non potesse essere assentito, tali elementi avrebbero potuto (o dovuto) eventualmente portare l’Amministrazione ad adottare un provvedimento ex comma 3 dell’articolo 19, e quindi entro il termine di 30 giorni.

La presunta inassentabiltà dell’intervento in questione, non ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 21-nonies, non poteva invece essere posta a fondamento dell’esercizio del potere inibitorio, conformativo o repressivo previsto dal successivo comma 4 dell’articolo 19, che consente interventi anche oltre il predetto termine.

La sentenza in esame, dando applicazione proprio a quest’ultimo principio, ha giudicato illegittimo il provvedimento assunto dall’Amministrazione oltre termine ex articolo 19, comma 3, L. 241/1990, difettando dei presupposti che ne avrebbero consentito un’applicazione, difettando lo stesso in particolare di motivazione in punto di interesse pubblico all’inibizione (oltre termine) della SCIA depositata da parte ricorrente.

Quali sono quindi i presupposti che legittimano un intervento inibitorio, conformativo o repressivo dell’Amministrazione nei confronti di una SCIA una volta decorsi i termini di 60/30 giorni dal deposito della stessa?

Il Consiglio di Stato è chiaro:

  1. adozione del provvedimento di cui all’articolo 19, comma 4, L. 241/1990, entro 12 mesi dal deposito della SCIA;
  2. valutazione comparativa degli interessi in gioco;
  3. interesse pubblico all’inibizione, conformazione o repressione dell’attività oggetto di SCIA.