Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

Il fattore “tempo” per le sanzioni della PA

Il rapporto tra il tempo dell’azione della PA e i diritti dei cittadini è sempre stato complicato e controverso. Il legislatore ha più volte provato a disciplinare la materia: introducendo termini per l’agire, stabilendo sanzioni per gli inadempienti, proponendo soluzioni di rimedio come il “significato” al silenzio (rigetto, rifiuto, assenso ecc).

Eppure, nella pratica, i cittadini continuano a scontrarsi con azioni – soprattutto quelle sanzionatorie – avviate e attuate con molto ritardo rispetto ai parametri normativi.

Una recente pronuncia del TAR Catania ha affrontato una fattispecie che presenta tratti emblematici: un privato chiede, negli anni ‘90, una concessione in sanatoria per opere realizzate senza titolo in area paesaggisticamente vincolata;

  • nel 1997 il Comune chiede alla Soprintendenza di esprimere il proprio parere sulla domanda;
  • trascorrono 13 anni e nulla accade.
  • Nel 2010 viene finalmente ottenuta una concessione edilizia in sanatoria, in cui si dà atto della formazione del silenzio – assenso a fronte dell’inerzia (13 anni) della Soprintendenza;
  • Immaginiamo che passano altri 7 anni e il privato si vede notificare una sanzione di pagamento della sanzione amministrativa prevista dall’art. 167 del Codice dei Beni Culturali.
  • La sanzione viene impugnata
  • 6 anni dopo una pronuncia giudiziale risponde alla domanda: la sanzione è legittima?

Siamo consapevoli che per una risposta completa dovremmo riflettere su numerosi fattori (la verifica dei presupposti per la sanzione paesaggistica, una riflessione sul controverso tema del silenzio assenso ecc.) ma, restiamo sul profilo temporale per alcune riflessioni.

Il TAR Catania (sentenza n. 3254 del 2 novembre 2023) ha stabilito che il provvedimento che ha comminato la sanzione paesaggistica è illegittimo, perché emesso oltre il termine di legge.

I principi su cui si fonda la sentenza sono interessanti e utili per gli operatori del settore e vale la pena riproporli:

  1. La sanzione di cui all’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, è soggetta a prescrizione quinquennale;
  2. Il fondamento è la disposizione generale di cui all’art. 28 della L. n. 689/1981, secondo cui “Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione”.
  3. La giurisprudenza amministrativa ha specificato che il termine inizia a decorrere da quando il credito diventa esigibile, momento che viene identificato nella data di rilascio del provvedimento di sanatoria, ossia con l’atto che fa cessare nel tempo la illiceità del comportamento edilizio”.

Il TAR Catania pone a sostegno della decisione varie pronunce che hanno articolato, in modo vario, le ragioni giuridiche che qualificano l’indennità dell’articolo 167 del Codice dei Beni Culturali come “sanzione amministrativa” e non come “titolo risarcitorio”.

Resta il fatto che, nonostante gli sforzi del legislatore, sono sempre numerose le occasioni in cui occorre confrontarsi con i ritardi dell’agire della pubblica amministrazione; ritardi che purtroppo investono tantissime attività e che ingessano le iniziative imprenditoriali e le normali esigenze dei cittadini: il rilascio di provvedimenti che concedono facoltà e diritti che avviene oltre i termini di legge tanto da scoraggiare investimenti e decisioni ma anche l’emanazione di sanzioni oltre un ragionevole lasso di tempo (in termini di anni) sono facce della stessa medaglia.

Intervenire su questo problema, oltre ad agevolare i privati, migliorerebbe la stessa performance dell’agire pubblico.

Torniamo al caso che abbiamo analizzato e immaginiamo che le ragioni di diritto che sostenevano il provvedimento fossero state davvero legittime: se l’emissione del provvedimento fosse avvenuta nei termini, la PA avrebbe avuto pieno titolo ad incassare, con beneficio di tutti.