di Carmen Chierchia e Linda Gavoni
Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha chiarito che i procedimenti di VIA e AIA sono finalizzati ad accertamenti autonomi e diversi nell’ambito del procedimento volto alla costruzione di insediamenti produttivi.
La sentenza in esame ha anche chiarito che eventuali carenze istruttorie legate al rilascio della VIA non possano in alcun modo essere sanate attraverso integrazioni postume nell’ambito del diverso procedimento preordinato al rilascio dell’AIA.
La recente sentenza del Consiglio di Stato no. 3034/2018 – in riforma alla sentenza del TAR Lombardia, sezione di Brescia, no. 1020/2015 – si rivela particolarmente utile ed interessante al fine di evidenziare, ancora una volta, la netta distinzione esistente tra il procedimento finalizzato al rilascio della VIA (i.e. valutazione di impatto ambientale) e quello finalizzato al rilascio dell’AIA (i.e. autorizzazione di impatto ambientale).
Diversamente da quanto stabilito in primo grado dal TAR di Brescia, secondo cui i procedimenti preordinati all’ottenimento di VIA e AIA sono da intendersi come un unicum o meglio un continuum, il Consiglio di Stato – aderendo ad un consolidato orientamento giurisprudenziale – ha voluto al contrario ribadire come gli stessi procedimenti siano in realtà da considerarsi del tutto autonomi e distinti, dal momento che la VIA si sostanzia in una “complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto dal progetto rispetto all’utilità socio-economica dallo stesso ritraibile, tenuto conto anche delle alternativi possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero” mentre l’AIA – introdotta nell’ordinamento italiano in attuazione della direttiva comunitaria 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento – è un atto che “sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante”, garantendo in tal modo efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco, e incide quindi sugli aspetti gestionali dell’impianto” (i.e. Cons. Stato, Sez. V, 17/10/2012, n. 5292 e 26/1/2015, n. 313; Sez. IV, 18/7/2017, n. 3559; Sez. VI, 19/3/2012, n. 1541).
In altre parole – secondo il ragionamento del Collegio – ciascuno dei due titoli abilitativi di cui sopra (ndr. VIA e AIA) dev’essere sorretto da una propria istruttoria, la quale deve possedere i requisiti di completezza, autonomia e autosufficienza.
Ciò vale soprattutto per la VIA, il cui esito positivo costituisce secondo il Collegio “presupposto per il rilascio dell’AIA” (cfr. citato Cons. Stato, Sez. V, 6/7/2016, n. 3000).
Appare quindi non condivisibile la tesi espressa dai giudici di prime cure, secondo cui “la decisione sulla VIA in parte anticipa le conclusioni della procedura di AIA, e in parte rinvia (del tutto legittimamente) agli studi successivi, da cui potranno arrivare conferme o limitazioni”.
Oltre a rimarcare l’assoluta indipendenza teorico-fattuale tra i procedimenti preordinati all’ottenimento di VIA e AIA, il Consiglio di Stato ha altresì specificato che le eventuali carenze istruttorie emerse in relazione al rilascio della VIA non possono in alcun modo essere sanate attraverso un’integrazione ex post nell’ambito del diverso procedimento preordinato al rilascio dell’AIA: qualora ciò avvenisse ci si esporrebbe infatti all”‘illegittimità della VIA per difetto di istruttoria, vizio che, ovviamente, può esser fatto valere dal soggetto leso ai fini di ottenerne l’annullamento”.