La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è recentemente pronunciata (sentenza del 16 dicembre 2021, cause riunite C-478/19 e C-479/19), sul tema dell’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali in misura agevolata (2% in luogo dell’ordinario 4%) ai fondi immobiliari europei che acquistano immobili strumentali in Italia.
Le domande di pronuncia pregiudiziale rivolte alla CGUE vertevano sulla compatibilità della normativa italiana che prevede il dimezzamento delle aliquote delle imposte ipotecaria e catastale ordinariamente previste per l’acquisto di immobili strumentali da parte di fondi chiusi (i.e. Articolo 35, comma 10 ter, Decreto Legge n. 223/2006) con gli articoli 49 e 63 TFUE, inerenti la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali.
Il tema si pone in quanto, secondo la normativa regolamentare italiana, i fondi immobiliari possono essere costituiti esclusivamente come fondi “chiusi”, e cioè come fondi che hanno un patrimonio predefinito, che non può variare a seguito di nuove sottoscrizioni e rimborsi e che è suddiviso in un numero fisso di quote. Secondo lo Stato italiano, tale previsione sarebbe funzionale ad evitare un potenziale rischio sistemico nel mercato immobiliare in caso di crisi del mercato, dal momento che nei fondi chiusi gli investitori non potrebbero richiedere il rimborso anticipato delle somme investite e dunque sarebbe scongiurato il pericolo di disinvestimenti massivi che finirebbero per falsare il mercato. Tuttavia, in molti altri Stati Europei, i fondi di investimento che investono il loro patrimonio prevalentemente in immobili sono costituiti per la maggior parte come fondi aperti. Pertanto, l’art. 35 comma 10 ter, pur non prevedendo una esclusione letterale dal beneficio per i fondi esteri, in concreto sembrerebbe non rendersi applicabile ai fondi non residenti, proprio perché costituiti in forma aperta.
Caso di specie: UBS Real Estate Kapitalanlagegesellschaft mbH v. Agenzia delle Entrate
Nel caso che è giunto davanti alla CGUE, la UBS Real Estate, SGR di diritto tedesco, dopo aver acquistato degli immobili strumentali per conto di due fondi di investimento immobiliari aperti costituiti secondo la legge tedesca, richiedeva il rimborso della metà delle imposte ipotecarie e catastali versate all’Agenzia, ritenendo applicabile l’agevolazione prevista dall’Articolo 35, comma 10 ter, Decreto Legge n. 223/2006, già in vigore al momento della compravendita, ritenendo che anche i fondi di investimento aperti esteri avessero il diritto di beneficiare della riduzione prevista dalla norma.
A seguito del rifiuto al rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate, la SGR ha deciso di instaurare un contenzioso di fronte ai giudici tributari che è arrivato fino alla Corte di Cassazione.
Il rischio, secondo la ricorrente, consisteva nella disparità di trattamento di due situazioni oggettivamente comparabili, che si traduceva nella violazione del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea relativamente alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali. La Corte di Cassazione rinviava dunque la questione alla CGUE, chiedendo a quest’ultima di pronunciarsi relativamente alla possibilità che il diritto dell’Unione osti all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale italiano, come quella sopra menzionata, che limita il beneficio della riduzione delle imposte ipotecarie e catastali ai soli fondi immobiliari chiusi, escludendo quelli aperti.
Decisione della CGUE
La Corte analizza dunque la potenziale violazione del solo Articolo 63 TFUE (Libera circolazione dei capitali), e non anche all’Articolo 49 (Libertà di stabilimento), dal momento che quest’ultimo verrebbe violato solo in via subordinata dalla normativa nazionale.
La Corte ricorda come l’Articolo 63 TFUE debba ritenersi violato qualora sussista una normativa nazionale che : “riserva il beneficio di un vantaggio fiscale a condizione che vengano soddisfatti requisiti o obblighi che, per loro natura o di fatto, siano propri del mercato nazionale, sicché solo gli operatori nazionali sono in grado di soddisfarli” e, conseguentemente, di beneficiare del vantaggio fiscale.
Alla luce di ciò, la Corte evidenzia che, sulla base dell’articolo 12 bis del Decreto Ministeriale n. 228/1999, i fondi di investimento immobiliari italiani possono essere istituiti solamente come fondi di investimento chiusi, mentre quelli esteri possono (e sono spesso) costituiti come fondi aperti, con la conseguenza che mentre tutti i fondi immobiliari italiani possono beneficiare dell’agevolazione, ciò non è vero per i fondi esteri. Come ricordato dall’Avvocato Generale, si determinerebbe dunque una restrizione alla libera circolazione dei capitali in quanto “l’applicazione del criterio distintivo basato sulla natura “aperta” o “chiusa” dei fondi di investimento crea una situazione di svantaggio per i fondi immobiliari soggetti al diritto di Stati Membri diversi dalla Repubblica italiana, dando così luogo a una disparità di trattamento a loro danno”, determinando una restrizione alla libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’Articolo 63 TFUE.
Una restrizione alla libera circolazione dei capitali derivante da una disparità di trattamento, secondo il diritto dell’Unione, potrebbe essere ammissibile solamente in due casi:
- la disparità di trattamento riguarda situazioni che non siano oggettivamente paragonabili;
- la disparità di trattamento è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.
Con riferimento al punto sub a), la Corte evidenzia che le situazioni sono (o meno) oggettivamente comparabili sulla base della ratio legis. Se, infatti, come sostenuto da UBS Real Estate, la ratio legis è quella di evitare che un fondo immobiliare sia penalizzato da una doppia imposizione in occasione dell’acquisto di beni e della loro successiva rivendita, “si deve ritenere che i fondi aperti e quelli chiusi si trovino in situazioni oggettivamente comparabili”.
Con riferimento al punto sub b), la Corte ricorda che l’unico motivo imperativo di interesse generale che potrebbe giustificare, nel caso di specie, una restrizione delle libertà fondamentali è rappresentato dall’obiettivo di limitare rischi sistemici sul mercato immobiliare. Tuttavia, nel caso di specie, la Corte ritiene che le motivazioni addotte dallo Stato italiano (e cioè principalmente il fatto che limitare l’agevolazione ai fondi chiusi consenta di evitare intenti speculativi sul mercato immobiliare a svantaggio degli investitori) siano da valutare alla luce del principio di proporzionalità. La circostanza che la normativa nazionale che conferisce un vantaggio fiscale ai soli fondi immobiliari chiusi sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato e non eccedere quanto necessario per conseguirlo dovrà essere verificata dal giudice del rinvio.
Conclusione e applicabilità dell’agevolazione fiscale
In conclusione, secondo la Corte di Giustizia, sulla base delle argomentazioni giuridiche sopra riportate, l’Articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato Membro che limita il beneficio della riduzione delle imposte ipotecarie e catastali ai soli fondi immobiliari chiusi, escludendo quelli aperti, a condizione che le due diverse categorie di fondi si trovino in situazioni oggettivamente comparabili, e a meno che una tale disparità di trattamento non sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.
La questione è dunque ora demandata alla Corte di Cassazione, che dovrà individuare la ratio legis del beneficio e valutare se la misura sia appropriata per raggiungere l’obiettivo che il legislatore si è prefissato.
La sentenza in commento ha in ogni caso impatti significativi sul mercato immobiliare italiano. In primo luogo, già alcuni giudici di merito hanno deciso a favore di contribuenti esteri che invocavano l’applicabilità del dimezzamento delle aliquote, confermando l’applicabilità dell’agevolazione anche ai fondi esteri. Inoltre, nelle more della decisione finale della Cassazione sul tema, è importante valutare la possibilità di presentare istanza di rimborso delle maggiori imposte eventualmente versate nell’ambito di acquisizioni immobiliari recenti, per evitare che spiri il termine ordinario per la richiesta di rimborso fissato in 48 mesi dalla data del pagamento.