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Le Fibre Artificiali Vetrose – L’aggiornamento delle linee guida della Conferenza Permanente Stato Regioni

di Federica Ceola

La Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome ha recentemente aggiornato le Linee Guida sulle Fibre Artificiali Vetrose (“FAV“).

È di novembre 2016, infatti, l’aggiornamento del documento “Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV): linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizione e le misure di prevenzione per la tutale della salute“, pubblicato in data 25 marzo 2015.

L’attenzione posta dalla Conferenza Permanente sulla corretta valutazione dei rischi nell’utilizzo delle FAV e sull’individuazione di misure di prevenzione adeguate, si deve alla sempre maggiore commercializzazione e diffusione delle stesse.

Dopo il divieto di lavorazione ed utilizzo dell’amianto, infatti, le FAV hanno trovato ampio impiego in svariati settori produttivi, in particolare in quello dell’edilizia, tessile e dei prodotti plastici, per le loro proprietà chimico-fisiche che le rendono non infiammabili, molto flessibili e, soprattutto, un ottimo isolante termico ed acustico.

Cosa sono le FAV. Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV), anche conosciute come Man-Made Vitreous Fiber (MMVF), fanno parte del grande gruppo delle Man-Made Mineral Fiber (MMMF) e ricomprendono un ampio insieme di fibre artificiali di tipo inorganico.

Appartengono alle FAV le fibre/lane di vetro, le lane di roccia, le lane di scoria, le fibre cerami refrattarie (FCR) e le lane c.d. di nuova generazione (Alkaline Earth Silicate “AES”, High Aluminia, Low Silica Wools “HT”).

Effetti sulla salute umana. La Conferenza Permanente ha valutato la possibile produzione di effetti delle FAV sulla salute dell’uomo

Per far ciò occorre partire dalle proprietà fisiche e chimiche delle FAV, che appunto si differenziano per composizioni e proprietà.

Le linee guida redatte dalla Conferenza Permanente chiariscono che, per quanto concerne in particolare la classificazione delle FAV in termini di pericolo per la salute dell’uomo, le caratteristiche più importanti da tenere in considerazione sono il diametro delle fibre e la composizione chimica, in particolare con riferimento alla presenza di ossidi alcalini ed alcalino terrosi.

La prima caratteristica, la dimensione, determina la respirabilità delle fibre. Le fibre con diametro inferiore, infatti, hanno più probabilità di penetrare più profondamente all’interno delle vie respiratorie.

La seconda caratteristica, la composizione, determina la c.d. bio-persistenza a livello polmonare, cioè il tempo di ritenzione delle fibre all’interno del polmone. Le FAV con elevata concentrazione di ossidi alcalini ed alcalino terrosi, infatti, sono bio-solubili e, dunque poco bio-persistenti. La patogenicità di una determinata fibra risulta condizionata in modo significativo dalla sua bio-persistenza: più a lungo una fibra persiste nel tratto respiratorio, tanto maggiore è la probabilità che essa determini effetti nocivi sul medio-lungo periodo.

La classificazione di pericolosità delle FAV.

Il Regolamento (CE) n. 1272/2008, noto anche come Regolamento CLP, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele, entrato in applicazione per le sostanze il 1 dicembre 2010 e per le miscele il 1 giugno 2015, classifica le FAV in merito alla loro cancerogenicità sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche sopra descritte: il diametro medio geometrico della fibra e la presenza degli ossidi alcalini e alcalino terrosi.

Più nel dettaglio, la Nota R del Regolamento CLP determina che la classificazione come cancerogeno non si applica alle FAV il cui diametro medio ponderale risulta superiore a 6 micron.

La Nota Q stabilisce, invece, che la classificazione come cancerogeno non si applica se le FAV superano il test di bio-solubilità (dunque se dai test risulta che le fibre hanno bassa bio-persistenza).

A norma del Regolamento CLP, dunque, le FAV che rispettano le Note Q e/o R non sono classificate come cancerogene.

L’esposizione alle FAV nei luoghi di lavoro.

Il documento “Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV): linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizione e le misure di prevenzione per la tutale della salute” redatto dalla Conferenza Permanente ed aggiornato nel novembre 2016, tratta altresì il tema della esposizione alle FAV negli ambienti di lavoro e i conseguenti obblighi ricadenti in capo al datore di lavoro.

L’esposizione alle FAV nel luoghi di lavoro avviene principalmente in relazione alle diverse fasi di fabbricazione, lavorazione, installazione, bonifica e smaltimento di manufatti contenenti FAV e interessa maggiormente i settori dell’edilizia, l’industria e i trasporti.

La normativa di riferimento in materia è il D.Lgs. 81/2008, il quale al Titolo IX disciplina l’esposizione a sostanze pericolose ed, in particolare, prevede specifiche disposizioni con riguardo ad attività lavorative che possono comportare un’esposizione di agenti chimici (Capo I ) o di agenti cancerogeni o mutageni (Capo II).

Ne consegue dunque che, in caso di esposizione dei lavoratori a FAV classificate come cancerogene, il datore di lavoro sarà tenuto a rispettare le disposizioni di cui al Capo II del D.Lgs. 81/2008, mentre, nell’ipotesi di FAV classificate come non cancerogene, troverà applicazione la disciplina prevista per gli agenti chimici di cui al Capo I.

Ad ogni buon conto, si deve tenere considerazione che le linee guida della Conferenza Permanente sottolineano che “il D.Lgs. 81/2008 prevede l’obbligo della valutazione dei rischi in tute le situazioni in cui si utilizzano materiali che presentano rischi per la salute, categoria nella quale rientrano, sia pure con diversa misura di pericolosità rispetto alla diversa composizione e caratteristiche, tute le FAV e anche di avvalersi del contributo del medico competente nel processo di valutazione del rischio, in caso di obbligo di effettuazione della sorveglianza sanitaria (art. 29, comma 1, D.Lgs. 81/2008)“.

Infine, il documento in esame chiarisce che, con riferimento alla qualità dell’aria negli ambienti di lavoro, non essendo presente negli allegati di cui al D.Lgs. 81/2008 valori limite di esposizione professionale o indicazioni tecniche sulla valutazione dell’esposizione, in assenza in generale di limiti normativi, gli unici possibili riferimenti, come sottolineato anche dalla circolare n. 4 del Ministero della Sanità del 15 marzo 2000, sono i valori determinati dalle Agenzie Internazionali (come l’American Conference of Governmental Industrial Hygienist).