Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

La prelazione urbana tra fondi ad apporto

di Valentina Marengo e Mariella Bana

Il presente contributo mira a chiarire l’ambito di applicabilità della prelazione urbana di cui all’articolo 38 della Legge 27 luglio 1978, n. 392 in caso di apporto di un bene immobile a un fondo d’investimento immobiliare. I fondi ad apporto costituiscono una particolare tipologia di fondi immobiliari, ossia di quei fondi comuni di investimento che collocano il proprio patrimonio in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari. La peculiarità dei fondi ad apporto consiste nel fatto che, a differenza dei fondi immobiliari ordinari (in relazione ai quali le risorse finanziarie vengono raccolte mediante collocamento delle quote e solo successivamente le stesse vengono investite nell’acquisto di beni immobili), l’immobile viene conferito al fondo al fine di sottoscriverne le quote.

L’apporto al fondo ben potrebbe avere ad oggetto un immobile urbano locato ai sensi della Legge 27 luglio 1978, n. 392 e in cui il conduttore svolga attività a diretto contatto con il pubblico che, pertanto, ai sensi dell’articolo 38 della legge predetta, avrebbe diritto alla prelazione urbana. La prelazione urbana consiste nella facoltà del conduttore ad essere preferito, a parità di condizioni, rispetto a terzi, in caso di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile. La ratio della disciplina è da sempre stata individuata nell’esigenza di conservazione delle imprese e del loro avviamento, con il conseguente sacrificio del diritto del locatore di individuare discrezionalmente il compratore.
La lettera della norma si riferisce genericamente al trasferimento a titolo oneroso senza fornire alcuna indicazione circa le singole fattispecie di trasferimento del bene immobile locato (tra cui il caso di apporto ad un fondo immobiliare).
Pur non essendosi occupata espressamente dell’apporto, la giurisprudenza si è espressa in maniera unanime nel ritenere non applicabile la disciplina della prelazione alla fattispecie del conferimento di un bene immobile in società. La giurisprudenza ha, infatti, rilevato che in tale caso non sarebbe configurabile un “trasferimento a titolo oneroso” ai sensi di detto articolo 38. E’ stato avanzato, in merito, un rilievo di carattere letterale e interpretativo, laddove l’articolo 38, nei commi successivi al primo, menziona espressamente il solo concetto di “compravendita” e di “prezzo di acquisto” e, comportando una limitazione delle facoltà del proprietario, non sarebbe suscettibile di interpretazione estensiva con applicazione a fattispecie non previste dalla norma (in tal senso Cass. Civ. Sez. III, 17.10.2012, n. 12230, la quale precisa che il diritto di prelazione e quello succedaneo di riscatto “costituendo limitazioni delle facoltà del proprietario e incidendo sull’interesse generale alla libera circolazione dei beni immobili, non possono essere riconosciuti in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle previste”). Inoltre, è stato avanzato un rilievo di carattere strutturale laddove si è osservato che l’istituto della prelazione urbana presuppone che il locatore possa ottenere dal conduttore che intenda esercitare il diritto di prelazione -, e detto conduttore possa concretamente offrire al locator -, la medesima controprestazione e le medesime condizioni offerte dal terzo, circostanza che non sarebbe evidentemente rinvenibile in quei negozi caratterizzati da una controprestazione infungibile quale il conferimento in società (in tal senso si veda Cass. Civ. Sez. III, 21.07.2000, n. 9592, Cass. Civ. Sez. III, 18.09.2008, n. 23856, Cass. Civ. Sez. III, 17.09.2008, n. 23751).
Stante la comunanza dei profili strutturali tra le fattispecie di conferimento di un bene immobile in società e apporto in fondi immobiliari, si ritiene che le predette considerazioni svolte dalla giurisprudenza in merito alla non applicabilità della prelazione urbana in caso di conferimento possano estendersi anche alle operazioni di apporto.
Tenuto conto di quanto precede, ci si interroga se si possa pervenire alle medesime conclusioni anche con riferimento al diritto di prelazione legale applicabile in materia di beni culturali previsto dagli articoli 60 e seguenti del D.Lgs. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali). In proposito, il legislatore è intervenuto con il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156 e il D.lgs. 26 marzo 2008, n. 62 ai sensi dei quali è stata estesa la facoltà dell’Amministrazione di acquistare in via di prelazione anche i beni culturali oggetto di conferimento in società. Tale intervento legislativo è intervenuto nel solco del precedente orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’ambito di applicazione della prelazione cd. artistica doveva intendersi esteso anche all’ipotesi di conferimento in società considerato l’interesse superiore di salvaguardia dei beni culturali tutelato dall’istituto della prelazione artistica e la conseguenza necessità di evitare forme di elusione dello stesso. Ciò detto, per le medesime considerazioni suindicate circa la comunanza tra le fattispecie di conferimento e apporto, si ritiene che la disciplina della prelazione legale in tema di beni culturali trovi applicazione anche con riferimento all’ipotesi di apporto di un bene immobile ad un fondo.