Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

Quando la modifica di rendita catastale non è retroattiva

Con l’ordinanza del 28 agosto 2017, n. 20463, la Corte di Cassazione ritorna sul tema della retroattività della variazione della rendita catastale ai fini del calcolo delle imposte sugli immobili (ICI nel caso trattato dalla Cassazione).

Secondo gli Ermellini, nel caso in cui la variazione della rendita venga proposta dal contribuente, attraverso la procedura DOCFA, per correggere errori materiali o di fatto compiuto dal contribuente stesso, la nuova rendita produce effetti a partire dal 1 gennaio dell’anno successivo a quello in cui la variazione viene annotata negli atti catastali. Pertanto il contribuente non ha diritto al rimborso della maggiore ICI versata negli anni precedenti.
Al contrario, la Cassazione conferma la propria precedente giurisprudenza, stabilendo la retroattività della rendita esclusivamente nel caso in cui la variazione della rendita derivi da un errore di fatto compiuto dall’Ufficio, che risulti evidente ed incontestabile proprio perché riconosciuto dall’ufficio.
La questione della retroattività della variazione della rendita catastale è questione dibattuta. Sul tema si era espressa l’Agenzia del Territorio con la Circolare 11 del 26 ottobre 2005. In tale circostanza, l’Agenzia aveva chiarito che
In particolare, nella Circolare si ricorda che l’ufficio può intraprendere l’autotutela, ovvero l’annullamento, totalmente o parzialmente, dei propri atti quando gli stessi vengano riconosciuti illegittimi o infondati, di propria iniziativa (senza istanza apposita del contribuente) solo in determinati casi come, ad esempio, in caso di evidente errore logico o di calcolo, errore sul presupposto dell’imposta, mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti.
Con particolare riferimento al settore catastale, la Circolare 11/2005 ricorda che l’esercizio dell’autotutela può avvenire in caso di (i) riesame (anche su segnalazione del contribuente) al fine di correggere errori di inserimento dati o nell’applicazione dei principi dell’estimo catastale oppure (ii) riesame a seguito di apposita istanza del contribuente che porti all’attenzione dell’Agenzia nuovi fatti, circostanze o elementi nuovi non esistenti al momento dell’originario accatastamento.
L’Avvocatura Generale dello Stato, interpellato in proposito dall’Agenzia del Territorio, ha confermato che in materia catastale l’esercizio di autotutela, trattandosi di un atto con cui un pregresso provvedimento (di accatastamento nel caso di specie) viene annullato, può essere esercitato solo per correggere errori formali di inserimento dati o applicazione errata di regole tecniche dell’estimo catastale, e non anche quando si tratti di riesaminare situazioni che hanno portato in passato all’analisi di una fattispecie (poi mutata) e alla conseguente formazione di un giudicato “sostanziale”.
Pertanto, in ambito catastale si potrà avere autotutela solo nel caso (i) sopra identificato, mentre nel caso (ii) non si può parlare di autotutela ma eventualmente di riesame della fattispecie in relazione al mutamento degli elementi rilevanti ai fini del classamento.
Da questa differenza discende la diversa efficacia della modifica: nel caso di annullamento in autotutela ha effetto ex tunc, e quindi retroattivo, cioè dalla data di decorrenza del classamento rivelatosi errato. Allo stesso modo ha efficacia retroattiva anche la revisione dell’accatastamento richiesta dal contribuente e fondata su una decisione di giudici tributari avente ad oggetto immobili similari (sempre che non esista un diverso giudicato relativo propriamente all’immobile interessato) se il giudicato evidenzi un errore commesso in sede di classamento dell’immobile oggetto di istanza.
Nel caso invece in cui la variazione catastale venga richiesta a seguito di sopravvenuta modifica degli elementi di fatto che hanno portato all’identificazione del classamento e/o della rendita catastale, non si può parlare di “autotutela” ma più propriamente di richiesta di nuovo classamento. La variazione avrà dunque efficacia ex nunc, e dunque dal 1 gennaio dell’anno successivo a quello in cui la variazione viene annotata sui registri catastali.
L’Agenzia del Territorio nella Circolare 11/2005 suggeriva per maggior chiarezza che la data di efficacia della variazione venisse chiaramente indicata nelle annotazione agli atti catastali che riportano la modifica.
Tali conclusioni sono state confermate da costante giurisprudenza della Corte di Cassazione. L’ordinanza della Cassazione nell’agosto scorso, invece, parzialmente deroga alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, stabilendo che l’efficacia della variazione catastale non dipenda esclusivamente dalla causa di tale variazione (errori formali o modifiche negli elementi fattuali che hanno portato alla definizione del classamento), ma anche dal soggetto che propone la variazione. Infatti, l’autotutela potrà essere esercitata in caso di errori nell’inserimento dei dati o nell’applicazione delle tariffe d’estimo compiuti dall’Ufficio e non anche nel caso in cui lo stesso sia stato compiuto dal contribuente. Sembrerebbe, anche se non esplicitato nell’ordinanza, che secondo la Cassazione in caso di errore commesso dal contribuente si ricada nella casistica sub (ii), ossia nel caso di variazioni richieste a seguito di nuovi fatti, circostanze o elementi nuovi non esistenti al momento dell’originario accatastamento. In sostanza, non si tratterebbe di autotutela (perché non derivante da errori dell’Ufficio) ma di richiesta di “nuovo classamento”. Da ciò discende la diversa efficacia del classamento. L'”errore materiale” menzionato dalla Circolare e dalla giurisprudenza della Cassazione sembrerebbe essere dunque solo quello commesso dall’ufficio e non anche quello del contribuente.