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La cessione di partecipazione non è cessione di immobile

La cessione totalitaria di quote non può essere riqualificata come cessione di immobile ai fini delle imposte indirette. A stabilirlo è una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Cagliari (sez. staccata di Sassari) che si è espressa su un tema particolarmente attuale e scottante, ossia la riqualificazione operata dall’Amministrazione Finanziaria di un atto di cessione di quote societarie in un atto di cessione di immobile. La differenza in termini di imposte è sostanziale: il primo, sconta l’imposta di registro in misura fissa di Euro 200 e non sconta invece le imposte ipotecarie e catastali, mentre il secondo è soggetto alle imposte proporzionali del 4% (o addirittura del 9% se si tratta di immobile residenziale).

Nel caso esaminato dalla Commissione Tributaria Regionale, l’Agenzia delle Entrate aveva riqualificato operata dall’Agenzia delle Entrate in base ad una lettura in chiave antielusiva dell’art. 20 del Testo Unico dell’Imposta di Registro (DPR 131/1986, di seguito anche “TUR”). L’art. 20 dispone che l’imposta di registro sia “applicata seconda la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presenti alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente“. Nella ricostruzione dell’Ufficio, con la cessione totalitaria delle quote societarie, il contribuente avrebbe inteso in realtà trasferire il complesso aziendale di proprietà della società ceduta, con l’evidente intento di applicare la tassazione indiretta in misura fissa e non proporzionale.

I Giudici di secondo grado hanno tuttavia ritenuto, in primo luogo, che le due operazioni (cessione di quote e cessione di immobile) abbiano effetti giuridici, contabili, gestionali e fiscali assai diversi, anche e non solo in termini di responsabilità delle parti. La riqualificazione operata dall’Ufficio, dunque, è andata oltre il potere dell’Ufficio sancito dall’art. 20 del TUR di riqualificare un atto presentato alla registrazione in virtù dei reali effetti giuridici che lo stesso intenderebbe raggiungere. La riqualificazione dell’Agenzia delle Entrate, andando a sindacare la natura delle ragioni economiche sottese all’operazione stessa, arriva a snaturare la reale volontà delle parti, e merita quindi censura.

La Commissione Tributaria ricorda poi che nel nostro ordinamento è stato introdotto l’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente, che disciplina l’abuso del diritto e l’elusione fiscale, stabilendo che si configuri abuso del diritto in presenza di (i) una o più operazioni prive di sostanza economica, che (ii) realizzino essenzialmente un vantaggio fiscale indebito. Inoltre, l’art. 10-bis ha espressamente sancito la libertà di scelta del contribuente tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.

Pertanto, se avesse voluto riqualificare come elusiva l’operazione, sarebbe stato onere dell’Agenzia delle Entrate dimostrare l’esistenza di un vantaggio fiscale che costituisse lo scopo predominante dell’operazione. Dimostrazione che nel caso di specie non era stata fornita.

La decisione dei Giudici sardi rappresenta un passo in avanti fondamentale nel chiarire definitivamente il regime tributario delle cessioni totalitarie di società, visto l’incertezza che le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate (confermate purtroppo da parte della giurisprudenza, anche di legittimità) stanno seminando tra gli investitori.

Sarebbe importante a questo punto un intervento chiarificatore dell’Agenzia delle Entrate che stabilisca in modo chiaro che le operazioni di cessione totalitarie di quote (ma anche i conferimenti di aziende seguiti da cessione delle partecipazioni) scontano sempre l’imposta di registro in misura fissa, e non le imposte indirette proporzionali. Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto che il trattamento fiscale ai fini dell’imposta di registro della cessione di azioni o quote è chiaramente individuato dall’art. 8 della Tabella allegata al TUR nell’applicazione dell’imposta in misura fissa, senza eccezioni anche in caso di cessione totalitarie. Come ben motivato dalla Commissione tributaria regionale di Cagliari, non si può parlare di abuso del diritto dal momento che l’art. 10-bis ha definitivamente sancito la possibilità di libera scelta del contribuente. L’art. 10-bis, anche per la sua collocazione all’interno dello Statuto del Contribuente, si erge a norma generale applicabile anche alle imposte indirette e al registro, togliendo valore all’art. 20 come norma antielusiva per l’imposta di registro. L’art. 20 deve essere interpretato dunque esclusivamente come norma volta a consentire all’Ufficio di individuare gli effetti giuridici degli atti sottoposti alla registrazione, con la conseguenza che l’art. 20 del TUR può essere invocato dall’Ufficio per individuare la natura intrinseca dell’atto, anche considerando atti collegati, ma l’Ufficio non può in alcun modo utilizzarlo per sindacare le scelte economiche del contribuente. E gli effetti giuridici della cessione di partecipazioni sono evidentemente diversi da quelli che si otterrebbero dalla cessione di un immobile (di cui peraltro il cedente della società non è nemmeno proprietario).