Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

Ai terzi danneggiati dalla SCIA solo la verifica del titolo

Pubblichiamo di seguito l’articolo, a firma di Carmen Chierchia, pubblicato su Il Sole 24 Ore il 3 dicembre 2018 sulle verifiche che i terzi che si ritengono lesi da una SCIA possono sollecitare alla Pubblica Amministrazione.

I soggetti che si ritengono lesi da una attività iniziata da altri con una SCIA possono sollecitare la PA a condurre le verifiche sull’esistenza dei presupposti di legittimità della SCIA stessa ma non possono chiedere l’attivazione di un controllo generalizzato e relativo anche ai profili “civilistici”. E’ quanto statuito dal Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5115 del 30 agosto 2018 che ha chiarito che le diffide rivolte alla PA da terzi avverso attività (edilizie) avviate da altri con SCIA, non possono contestare violazioni, di norme che garantiscono diritti soggettivi.
I “poteri del terzo”. La pronuncia si pone nel solco dell’interpretazione giurisprudenziale volta alla definizione dei cd. “poteri del terzo”, ossia dei poteri che possono essere attivati dai terzi che si ritengono pregiudicati dall’attività edilizia posta in essere da un soggetto mediante la presentazione di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).
Si tratta di uno tra i quesiti relativi allo strumento della SCIA più dibattuti in dottrina e in giurisprudenza, tanto da richiedere l’intervento dell’Adunanza Plenaria (espressasi con la pronuncia n. 15/2011) e successivi interventi del legislatore che, con il D.L. 138/2011 (convertito con L. 148/2011) ha introdotto il comma 6 ter dell’art. 19 della L. 241/1990 sia per chiarire la natura della SCIA che per indicare i poteri dei terzi.
Infatti, secondo questa previsione, la SCIA (come anche la DIA) “non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104” ossia l’azione verso il silenzio della PA.
Il legislatore, quindi, ha chiarito che i terzi possono unicamente esercitare l’azione avverso il silenzio della PA.
Silenzio su cosa? La situazione di fatto regolata dal legislatore, quindi, vede lo sviluppo dei seguenti momenti:
a) un soggetto dà avvio ad una attività sulla base di una SCIA, auto-dichiarando e certificando, quindi la sussistenza di una serie di presupposti che consentono l’inizio di quella attività;
b) un altro soggetto (il terzo) ritiene che l’intervento così avviato possa determinare un pregiudizio diretto nei suoi confronti;
c) questi, quindi, è tenuto a richiedere all’amministrazione di attivare i poteri di controllo della PA sulla sussistenza dei requisiti di legge che consentono al titolare della SCIA di eseguire i lavori / proseguire nell’attività;
d) se la PA non dà riscontro alla richiesta del terzo, questi potrà esperire l’azione avverso il silenzio prestato dall’amministrazione nei confronti della richiesta contenuta nella sua istanza.
Cosa può richiedere il terzo? In altri termini, quale può essere l’oggetto della diffida che precede l’ (eventuale) giudizio avverso il silenzio?
Con la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato ribadisce che i terzi possono richiedere unicamente la verifica della “legittimità” della SCIA in relazione alle norme di diritto pubblico e non già a norme civilistiche o di regolamenti tra le parti.
Il presupposto da cui partono i giudici di Palazzo Spada è che il potere del terzo di richiedere l’attivazione dei poteri di controllo sussiste solo in relazione a violazioni di norme che comportano la lesione di un interesse legittimo.
Non potranno, invece, essere richieste verifiche su (eventuali) violazioni di norme “civilistiche” o relative a regolamentazione di rapporti tra privati, perché in tal caso, si configurerebbe la richiesta di una tutela di un diritto soggettivo.
Per esempio: il terzo potrà richiedere alla PA di verificare se chi ha presentato la SCIA sia titolare di un diritto (di proprietà, locazione, superficie ecc.) sull’area di intervento, in quanto la sussistenza di una relazione qualificata tra soggetto e bene oggetto dell’intervento è uno dei requisiti di legge per la presentazione della SCIA, ma non potrà richiedere di verificare se l’attività contrasti con alcune limitazioni contenute nel contratto costitutivo del diritto (es. di locazione) esercitato da chi ha presentato la SCIA.
Per violazione di questa natura, il terzo dovrà rivolgersi – in presenza dei presupposti – al giudice ordinario, attivando i meccanismi contrattuali o, ad esempio, quelli predisposti dal codice civile.
Pertanto, come chiarito dal CdS, il privato può richiedere, per il tramite dell’istanza di cui all’art. 19, co. 6-ter l.n. 241/1990, e nei limiti del suo interesse ad agire, solo la verifica obiettiva della compatibilità di quanto si intende realizzare con la disciplina urbanistica ed edilizia applicabile al caso di specie.