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Permesso a costruire con silenzio assenso, è raro ma esiste

di Federica Ceola

Il permesso di costruire formato tramite silenzio assenso è una fattispecie ancora abbastanza rara. Le ragioni di questa scarsa diffusione stanno nella possibilità per l’amministrazione di chiedere integrazioni (spesso successivamente ai 60 giorni) e nell’inevitabile ricerca di certezza per gli operatori del settore che, dopo aver presentato istanza di permesso, raramente avviano i lavori in assenza del suo esplicito rilascio.

Una recente pronuncia del Consiglio di Stato ne circoscrive ancora l’applicabilità escludendo la formazione del silenzio assenso per “le domande volte ad ottenere titoli edilizi a immobili situati in zona A del territorio comunale”. In tal senso si è pronunciata la quarta sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 4516 pubblicata il 27 settembre 2017.

Per comprendere appieno la portata della sentenza in rassegna, occorre preliminarmente chiarire l’istituto del silenzio assenso con riferimento al procedimento volto al rilascio del permesso di costruire e le relative esclusioni.

Il comma 8 dell’articolo 20 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), nel disciplinare il procedimento volto al rilascio del permesso di costruire, prevede che “decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio assenso”. Tuttavia, lo stesso comma 8 fa espressamente salvi i casi in cui sussistano “vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali”, per i quali, dunque, è esclusa l’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso.

Tale eccezione è conforme al principio disposto in termini generali dal comma 4 dell’articolo 20 della L. 241/1990, che esclude l’applicazione del meccanismo del silenzio assenso, tra gli altri, “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico”.

Con riguardo al patrimonio culturale e del paesaggio, giova ricorda che lo stesso è disciplinato dal D. Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

In particolare, per quanto d’interesse ai fini della comprensione della sentenza in analisi, il Codice dei beni culturali e del paesaggio individua i seguenti i beni paesaggistici:

  • gli immobili e le aree di cui all’articolo 136 (immobili ed aree di notevole interesse pubblico) individuati ai sensi degli articoli 138 – 141 (tramite dichiarazione di notevole interesse pubblico);
  • le aree di tutelate per legge di cui all’articolo 142;
  • gli ulteriori immobili ed aree specificatamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156.

 

Orbene, secondo quanto chiarito dal Consiglio di Stato nella sentenza in rassegna, l’esclusione dalla formazione del silenzio assenso per gli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, ex articolo 20 del D.P.R. 380/2001, non si riferisce ai soli casi in cui sussistano vincoli specifici imposti con puntuali atti adottati dalla pubblica amministrazione ma, più in generale, trova applicazione in tutte le ipotesi in cui siano presenti realtà accertate come riconducibili al patrimonio culturale e/o paesaggistico. Infatti secondo i giudici di palazzo Spada la zona A, ai sensi dell’art. 2 D.M. n. 1444/1968, è quella costituente parte del territorio interessata da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.

Sulla base di tale assunto, il Consiglio di Stato ha, dunque, ritenuto di ricomprendere nei casi per i quali la formazione del silenzio assenso è esclusa le istanze volte ad ottenere titoli edilizi relativi ad immobili ricadenti in zona A del territorio comunale.

Ai sensi dell’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, infatti, sono classificate come zona territoriale omogenea A le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi. Ne consegue dunque che, secondo quanto statuito dal Consiglio di Stato nella sentenza in esame, le zone A ex articolo 2 del D.M. 1444/1968 sono da considerarsi riconducibili al novero dei beni paesaggistici e pertanto escluse dalla casistica per l’applicazione dell’istituto del silenzio assenso.