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Amianto, gli oneri del proprietario

Proponiamo di seguito il focus di Guido Inzaghi e Carmen Chierchia, pubblicato su Il Sole 24 Ore del 19 giugno 2017, sull’individuazione dei soggetti tenuti a sostenere gli oneri di manutenzione e gestione dei materiali contenenti amianto nel patrimonio immobiliare.

Amianto, gli oneri del proprietario

Il recente incendio che ha distrutto un capannone alle porte di Roma ha portato drammaticamente alla ribalta il tema della bonifica dell’amianto e, con esso, la disciplina degli immobili con amianto e l’individuazione delle responsabilità in capo ai proprietari.

La presenza di amianto impone l’esecuzione di attività di bonifica? E se il proprietario è diverso da colui che ha utilizzato l’immobile in passato è tenuto comunque a gestire l’amianto ivi presente? Una recente pronuncia del Tar Lombardia (sezione Milano, sentenza 572/2017) ha ribadito che la gestione dell’amianto è un’attività imputabile al proprietario perché dipende dallo stato dell’immobile e non dall’attività economica svolta in esso.

L’uso dell’amianto è stato molto frequente nell’edilizia fino al 1992, anno in cui il suo impiego è stato vietato dalla legge 257. Il divieto ha portato con sé il problema di individuare le sorti di quello già presente nel patrimonio immobiliare.

Per una definizione completa degli obblighi dei proprietari di immobili con amianto, occorre una diagnosi dello stato del bene, proprio per comprendere anzitutto se sia presente o meno amianto nella struttura e in quali condizioni esso versi.

Ma attenzione: il censimento degli edifici in cui è presente amianto è obbligatorio per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico e di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti, mentre è facoltativo per i proprietari delle singole unità, ferma la possibilità per Asl e Comuni di chiedere informazioni e documenti e ferme le specifiche norme regionali.

L’esito della valutazione di qualità determina il tipo di obbligazioni in capo al proprietario o al detentore. Se l’amianto è in buone condizioni, non occorre rimuoverlo, ma è obbligatorio condurre compagne di controllo e manutenzione del bene. Viceversa, in caso di danneggiamento (o deterioramento), occorre procedere con la bonifica.

Il controllo e manutenzione dello stato dell’amianto include un ampio novero di attività: dalla predisposizione di un programma di controllo e manutenzione, alla designazione di una figura responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che interessano i materiali di amianto. È poi necessario documentare l’ubicazione dell’amianto e vanno predisposte adeguate misure di sicurezza e fornite le necessarie informazioni agli occupanti dell’edificio sulla presenza di amianto nello stabile, sui rischi potenziali e sui comportamenti da adottare (questa attività si pone al confine con gli obblighi gravanti sul datore di lavoro).

In caso di danneggiamento, deterioramento o comunque quando la diagnosi abbia evidenziato amianto in cattive condizioni occorre procedere con la bonifica del manufatto.

I metodi di bonifica sono tre:

  1. la rimozione;
  2. l’incapsulamento;
  3. il confinamento.

Lo stato dell’amianto è di per sé mutevole: l’occupazione di uno stabile da parte di un numero di persone, le eventuali oscillazioni della struttura o, in genere, il semplice decorso del tempo possono determinare un peggioramento dello stato di questo materiale.

L’acquirente di un immobile con amianto subentra nell’obbligo di controllo, sorveglianza e manutenzione.

Se poi, le evidenze del monitoraggio impongono l’esecuzione di interventi di bonifica colui che risulta proprietario in quel momento è tenuto ad eseguire gli interventi.

In materia di rimozione dell’amianto deve essere esclusa ogni rilevanza al dolo o alla colpa del proprietario dell’immobile interessato dalla presenza di amianto: su di lui gli oneri della rimozione ricadono per una sorta di collegamento oggettivo con il possesso dell’immobile stesso (Tar Toscana, sezione II, 6 dicembre 2012, n. 1973). Nello stesso senso (oltre al Tar Lombardia citato) anche il Tar Marche che, con sentenza 571 del 19 ottobre 2016, ha riconosciuto il passaggio di responsabilità tra cedente e cessionario di beni immobili in cui è presente amianto, con la conseguenza che è il soggetto che detiene l’immobile nel momento in cui si verificano le condizioni che impongono la bonifica che dovrà attivarsi per l’ esecuzione.

Leasing o affitto: le responsabilità passano di mano

Quando in un immobile gli utilizzatori sono diversi dai proprietari la responsabilità per la gestione dell’amianto segue regole diverse da quelle ordinarie.

Si pensi, per esempio, alle unità locate, concesse in usufrutto o in leasing (tra i tanti strumenti contrattuali). E questioni simili si pongono anche nel caso di immobili sottoposti a curatela fallimentare. L’argomento fa molto discutere, essendo frequenti i contenziosi sul punto.

Di recente, il Tar Lombardia (Milano sentenza 9 marzo 2017 n. 572) ha analizzato il caso di una società di leasing che ha stipulato un contratto di locazione finanziaria (poi risolto), di un immobile. A seguito della scoperta da parte di Arpa di materiali contenenti amianto nell’area oggetto del contratto, il Comune ha ordinato alla società di leasing la messa in sicurezza e lo smaltimento dell’amianto. L’ordinanza del Comune è stata impugnata e dal contenzioso che ne è derivato il Tar ha affermato due principi:

  • se l’utilizzatore ha doveri di ordinaria e straordinaria amministrazione risponderà della presenza di amianto;
  • se il contratto con l’utilizzatore si risolve, il proprietario rientra nei propri poteri e, quindi, torna a essere il soggetto responsabile della corretta bonifica dei rifiuti di amianto.

Non rileva, quindi, la circostanza che il proprietario non abbia esercitato alcuna attività produttiva (o comunque di utilizzazione) all’interno dell’immobile, in quanto l’attività di bonifica non dipende dall’attività svolta all’interno ma dallo stato di conservazione dell’immobile. Il caso della curatela fallimentare, poi, è di frequente sotto la lente dei giudici amministrativi: gli immobili e le aree oggetto di una procedura fallimentare infatti presentano spesso problemi di bonifiche (rifiuti o contaminazioni) o di amianto. La giurisprudenza non è unanime nel delineare le responsabilità del curatore.

Un primo orientamento esclude che il curatore sia tenuto ad obblighi di gestione e bonifica dell’amianto sostenendo che «il curatore non può essere deputato un successore dell’impresa fallita… essendone soltanto un amministratore. L’amministrazione avviene a fini conservativi per la liquidazione dell’attivo e la soddisfazione dei creditori e questo non comporta che sul curatore incomba l’adempimento di obblighi facenti carico originariamente all’imprenditore” (Consiglio di stato, sentenza 3274 del 30 giugno 2014). Con la conseguenza che «il potere del curatore di disporre dei beni fallimentari non comporta necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili» (Consiglio di stato, sezione V, sentenza 3885/2009).

Un secondo orientamento (finora proposto dai giudici di prime cure, Tar Lombardia, Brescia, sentenza 38/2017, Tar Friuli Venezia Giulia, sentenza 441/2015) apre uno spiraglio su una responsabilità più estesa del curatore fallimentare, che risponderebbe della presenza di amianto sia quando il curatore sia autorizzato dal giudice fallimentare anche all’esercizio provvisorio sia nelle ipotesi di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore nell’abbandono dei rifiuti.

Focus: Le condizioni

  • Le tappe raggiunte: Materiale vietato da 25 anni. L’uso dell’amianto nelle costruzioni è stato vietato in Italia dalla legge 257/1992. Il Dm 6 settembre 1994 ha indicato le attività da compiere per controllare l’amianto già presente nei vecchi edifici, mantenerlo in condizioni di sicurezza e, se del caso, bonificarlo
  • Le norme da coordinare: I piani delle Regioni La disciplina nazionale (legge 257/1992) va integrata con le disposizioni regionali: ad esempio il Pral (piano regionale amianto) della regione Lombardia che richiede la bonifica progressiva dell’amianto notificato alla Asl
  • I luoghi di lavoro: Il datore è responsabile. La disciplina sull’amianto come materiale presente in un immobile deve essere integrata anche con il Dlgs 81/2008 per la protezione dei lavoratori da sostanze pericolose. In questo caso, è il datore di lavoro ad assumersi le relative responsabilità di sorveglianza e bonifica
  • I soggetti tenuti: Gli obblighi del proprietario E quelli dell’utilizzatore Se l’immobile è utilizzato da un altro soggetto che abbia i compiti di gestione ordinaria e straordinaria, allora è ammissibile che sarà costui il soggetto deputato alla gestione dell’amianto (soprattutto se questi è un datore di lavoro, come spesso capita). Se il contratto che permette l’utilizzo termina, il proprietario rientra in tutti gli obblighi di controllo e gestione dell’amianto anche se non sta affatto utilizzando l’immobile
  • Le sanzioni minime e massime: Anche dalle Regioni Sono nazionali, ma le Regioni possono imporre ulteriori adempimenti e sanzioni. Il mancato smaltimento e la bonifica è punito con una sanzione amministrativa da 2.582 a 15.493 euro. L’inosservanza degli obblighi di messa in sicurezza può costare da 3.615 a 18.675 euro