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Edilizia: prescrizioni più snelle per agevolare i cittadini

Con l’articolo che segue, pubblicato su Dossier de Il Sole 24 Ore del 19 aprile 2017, Guido Inzaghi passa in rassegna i recenti interventi legislativi ispirati al principio di semplificazione del regime autorizzativo in materia edilizia.Edilizia: prescrizioni più snelle per agevolare i cittadini

di Guido Inzaghi

Semplificazione, standardizzazione, certezza. Questi i concetti cardine delle ultime riforme che hanno interessato la materia edilizia.

Con i decreti SCIA 1 (D.lgs. 126/2016) e SCIA 2 (D.Lgs. 222/2016) si è infatti data esecuzione alla delega legislativa contenuta nell’articolo 5 della legge Madia (legge 124/2015) in punto di titoli assentivi.

In particolare, il secondo dei decreti citati ha ridisegnato il sistema autorizzatorio degli interventi edilizi, razionalizzando e semplificando gli adempimenti posti a carico dei privati.

Il fil rouge delle riforme si rinviene nello snellimento delle prescrizioni autorizzatorie e nell’ampliamento del ventaglio di attività liberamente realizzabili dal privato, senza procedere a preventiva comunicazione.

Il Testo Unico per l’edilizia (DPR 380/2001) prevede quattro diversi regimi assentivi: l’attività edilizia libera (articolo 6), la comunicazione di inizio lavori asseverata (articolo 6 bis), la segnalazione certificata di inizio attività (articolo 22 e 23) e il permesso di costruire (articolo 10).

La tabella A allegata al decreto SCIA 2 censisce un corposo numero di interventi edilizi, specificando nella sezione II (dedicata appunto all’edilizia) il relativo regime autorizzatorio (compresa la necessità di presentare altre SCIA, come nel caso della SCIA unica o di ottenere preventivi atti di assenso, SCIA condizionata).

Si tratta di un documento esclusivamente ricognitorio, ma certamente utile per gli operatori del settore. Per un verso viene meno la Denunci di inizio attività (o meglio la superDIA alternativa al permesso di costruire, ora sostituita dalla SCIA), mentre la comunicazione di inizio lavori (CILA) è confinata a un’unica fattispecie superstite (la realizzazione di opere dirette a soddisfare esigenze temporanee da rimuoversi entro 90 giorni).

L’aspirazione semplificatoria si evidenzia pure nella modifica della clausola di residualità: il regime da utilizzarsi nel caso di interventi edilizi non espressamente nominati è ora quello della CILA e non più, come avveniva in precedenza, della SCIA. Similmente, il favor per modelli lineari e rapidi si evince dalle intervenute disposizioni che limitano il ricorso alla SCIA ai soli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo che interessino parti strutturali dell’edificio (rimanendo gli altri casi, assoggettati a CILA).

Sulla stessa linea si colloca l’eliminazione del certificato di agibilità (abrogazione dell’articolo 25 TEU), sostituito dalla sola presentazione di una Segnalazione certificata per l’agibilità (che permette l’utilizzo immediato dell’immobile) eventualmente seguita dall’effettuazione di controlli da parte degli enti territoriali competenti.

Infine, nel filone della semplificazione si inserisce il recentissimo DPR 31/2017 che elenca gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica (All. A e art. 4) o assoggettati a procedimento autorizzatorio semplificato (All. B). La disciplina normativa in fatto di autorizzazioni si presenta estremamente stratificata: da anni il legislatore nazionale interviene, mosso da esigenze di liberalizzazione e semplificazione amministrativa. È evidente come gli sforzi spiegati in tal senso non abbiano sortito gli effetti auspicati.

Ciò pare largamente da imputarsi alle sovrastrutture regolamentari di fonte locale, che tendono a frustrare le istanze sopradette, imbrigliando dove si vorrebbe, al contrario, sciogliere.

Ebbene, alla consueta disposizione per cui alle Regioni e ai Comuni è dato prevedere ulteriori semplificazioni, lo SCIA 2 affianca un ulteriore strumento: un glossario unico in materia edilizia di prossima emanazione (in verità, vi si sarebbe dovuto procedere entro il 9 febbraio scorso). Alla medesima esigenza di standardizzazione risponde il Regolamento edilizio tipo, di portata nazionale (art. 4 TUE), il cui schema è stato approvato dalla Conferenza unificata il 20 ottobre 2016.

Dalla medesima data hanno iniziato a decorrere i due successivi termini di 180 giorni rispettivamente per il recepimento da parte delle Regioni (18 aprile 2017) e per l’adeguamento delle discipline locali a opera dei Comuni (15 ottobre 2017). L’intesa sancisce, inoltre, che decorso questo termine di adeguamento, “le definizioni uniformi e le disposizioni sovraordinate in materia edilizia trovano diretta applicazione, prevalendo sulle disposizioni comunali con esse incompatibili”.

L’articolo 2, comma 4, del decreto SCIA 2 specifica che il limite temporale di 18 mesi per l’autotutela in materia di SCIA decorre dalla scadenza del termine per l’esercizio del potere ordinario di verifica da parte delle PA competenti.

L’esigenza di certezza è estremamente forte nella materia in esame: l’investimento del privato è frenato tanto dalle complicazioni burocratiche quanto dall’incertezza circa la solidità del titolo assentivo. Ci si chiede se la medesima esigenza non dovrebbe indurre il legislatore a circoscrivere temporalmente pure le impugnative: si registrano, infatti, pronunce amministrative che ricollegano la decorrenza del termine per impugnare al completamento delle opere, perché solo allora si avrebbe contezza dell’effettiva lesività del manufatto (Consiglio di Stato, AP 15/2011).