Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

Tempi certi per contestare i lavori

Con gli articoli che seguono, pubblicati su Il Sole 24 Ore del 21 settembre 2015, Guido Inzaghi e Simone Pisani hanno commentato le disposizioni sul silenzio assenso contenute nella recente legge 7 agosto 2015, n. 124 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

 

Tempi certi per contestare i lavori

Termine unico di 18 mesi assegnato ai Comuni per revocare assensi e autorizzazioni

Di Simone Pisani

La legge di riforma della Pubblica amministrazione (la n. 124/2015) ha modificato gli effetti derivanti dal silenzio dell’amministrazione riguardo alle Segnalazioni certificate per l’inizio dell’attività (Scia) utilizzabili in edilizia per avviare i lavori meno complessi.

Sulla base del previgente testo dell’articolo 19 della legge 241/1990, l’amministrazione, in caso di assenza delle condizioni legittimanti la segnalazione, poteva adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, entro 30 giorni dalla presentazione della segnalazione. Decorso questo termine, alla Pa era consentito intervenire solo in caso di pericolo per l’integrità del patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.

Testualmente la norma non affidava all’amministrazione alcun ulteriore potere di intervento. Ma sul punto era intervenuta la Corte costituzionale (con sentenza n. 188/2012) chiarendo che in materia edilizia la disposizione non avrebbe potuto privare l’amministrazione del potere di autotutela, ossia del potere di intervenire previo avviso di avvio del procedimento e previa valutazione comparativa dell’interesse pubblico e di quello privato.

Alla luce della natura della Scia (che non è un provvedimento abilitativo tacito) la Pa non poteva però assumere atti di annullamento o revoca, ma solo disporre la rimozione degli effetti dell’attività edilizia con l’irrogazione di eventuali sanzioni.

A seguito della riforma Madia il quadro è parzialmente mutato. All’amministrazione, in linea con quanto dedotto dalla Corte costituzionale, è stato ora espressamente affidato un potere di intervento maggiore seppur entro un limite definito. In particolare:

  • in caso di carenza dei requisiti legittimanti, l’amministrazione, come in passato, può adottare provvedimenti inibitori entro 30 giorni dal ricevimento della segnalazione;
  • nel caso in cui sussistano le condizioni per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela, ossia quando l’amministrazione ha accertato l’illegittimità dell’attività edilizia, i provvedimenti inibitori possono essere adottati anche una volta decorsi i 30 giorni.

La riforma è però intervenuta anche riguardo al termine entro il quale l’autotutela può essere esercitata, in precedenza non puntualmente precisato dalla legge: in base alla nuova formulazione dell’art. 21 nonies della legge 241/1990 l’annullamento in autotutela può essere infatti esercitato entro 18 mesi dall’adozione delle autorizzazioni o dall’attribuzione al privato dei vantaggi economici derivati.

Una revisione normativa incardinata sugli effetti del silenzio che garantisce maggior certezza al settore,ma che non è priva di criticità: in caso di Scia, la nuova formulazione della norma difatti lascia spazio ad interpretazioni diverse in merito al giorno dal quale decorrono i 18 mesi. Allo stato si può ritenere che l’attribuzione di vantaggi economici intervenga, con buon grado di certezza, dal completamento dei lavori, ma non è escluso che la giurisprudenza che potrà formarsi sul punto fissi questa data in un momento diverso.

In materia edilizia, il silenzio dell’amministrazione ha sempre avuto un ruolo ben preciso. L’effetto più rilevante è quello della formazione del titolo abilitativo per silenzio-assenso, espressamente previsto solo per i permessi di costruire. Il Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) prevede che, salvo provvedimenti di diniego espressi e ad eccezione dei casi in cui sussistano vincoli, se decorre inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, il permesso di costruire si intende formato per silenzio-assenso. In questo caso, il silenzio equivale a un vero e proprio provvedimento di accoglimento della domanda.

Diversamente, gli istituti della Scia e della Dia, in base all’articolo 19 della legge 241/1990, non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. In questi casi, il silenzio dell’amministrazione non comporta quindi la formazione di un provvedimento tacito, ma ha comunque un effetto rilevante: è determinante ai fini della definizione delle azioni repressive in materia di interventi soggetti a Scia e Dia. Come precisato dalla giurisprudenza, infatti, in assenza delle condizioni legittimanti la Dia, l’amministrazione può esercitare il potere inibitorio nel termine di 30 giorni dalla presentazione della denuncia.

Decorso senza esito il termine per l’esercizio del potere inibitorio, l’amministrazione dispone del potere di autotutela (Consiglio di Stato, n. 5751/2012 ).

Più tutelati anche i grandi investitori

Di Guido Inzaghi

La legge di riforma della Pa ha previsto misure per garantire l’affidamento dei privati rispetto ai provvedimenti amministrativi.

La legge introduce infatti un limite temporale alla possibilità dell’amministrazione di esercitare il potere di annullamento in autotutela dei provvedimenti illegittimi, pari a 18 mesi dall’adozione dei provvedimenti stessi o dall’attribuzione dei correlati vantaggi economici.

Questa previsione in materia edilizia ha il pregio di dare maggiori garanzie agli investimenti nel settore.

L’annullamento in autotutela dei provvedimenti amministrativi, espressi o taciti, o comunque il non tempestivo intervento dell’amministrazione rispetto alle attività edilizie illegittime genera infatti rilevanti criticità.

Con riguardo ai permessi di costruire, la fattispecie è espressamente disciplinata all’articolo 38 del Dpr 380/2001, il quale prevede che, in caso di annullamento del titolo, qualora la rimozione dei vizi delle procedure o la restituzione in pristino non sia possibile, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite.

Il pagamento della sanzione pecuniaria produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria.

A fronte di un’opera eseguita sulla base di un titolo edilizio illegittimo, l’amministrazione può dunque procedere all’annullamento e deve con priorità ingiungere la remissione in pristino dei luoghi.

In alternativa se il ritorno alla situazione precedente non è percorribile, il Comune può applicare una sanzione pecuniaria, il cui pagamento legittima la permanenza dell’opera.

Come detto, in forza della riforma in esame, il potere di annullamento d’ufficio del permesso potrà però essere legittimamente esercitato entro un termine massimo pari a 18 mesi dal rilascio del titolo.

Riguardo invece agli interventi realizzabili mediante Scia, la legge 241/1990 affida all’amministrazione un termine pari a 30 giorni, entro il quale, in caso di carenza dei requisiti previsti per la presentazione della segnalazione, la stessa potrà ordinare la sospensione delle lavorazioni e la rimozione degli effetti dannosi già cagionati. Con la legge 124/2015, il provvedimento inibitorio potrà essere assunto anche oltre i 30 giorni, ma solo se sussistano le condizioni per un annullamento in autotutela, ossia se sussistano profili di illegittimità delle opere in progetto e, al contempo, se non siano decorsi i 18 mesi dall’attribuzione dei vantaggi economici connessi all’attività edilizia. Il limite dei 18 mesi tutela l’affidamento degli sviluppatori e riduce i margini di rischio per gli investimenti nel settore.

Nondimeno, la riforma garantisce gli acquirenti finali di singole unità immobiliari incluse in più ampi progetti di riqualificazione o di nuova realizzazione, i quali vedono ridotto il loro rischio di incorrere in inaspettate interruzioni delle lavorazioni o, ancora peggio, il rischio di dover fronteggiare personalmente complessi procedimenti amministrativi derivati da vizi dei titoli abilitativi non tempestivamente rilevati dai Comuni.