Novità normative e orientamenti giurisprudenziali in urbanistica, edilizia e ambiente

Il silenzio assenso indirizza le pratiche allo sportello unico

Nell’articolo che segue, pubblicato su Il Sole 24 Ore del 31 agosto 2015, Guido Inzaghi analizza il rapporto tra la disciplina introdotta dalla recente Legge 124/2015 (cd. Legge delega per la riforma della PA) in tema di silenzio assenso e il procedimento amministrativo a cura dello Sportello unico per l’edilizia.

Il silenzio assenso indirizza le pratiche allo sportello unico

Iter più veloce per gli interventi sui beni vincolati

Di Guido Inzaghi

Con la riforma della Pa, che ha portato con sé la semplificazione del silenzio assenso tra le pubbliche amministrazioni, prima di rivolgersi a un ufficio pubblico per un intervento edilizio gli operatori e i cittadini dovranno fare attente valutazioni.

La Legge 124/2015, in vigore dallo scorso 28 agosto, prevede all’articolo 3 un meccanismo di silenzio assenso che matura in 30 giorni (90 in materia di beni culturali, paesaggistici e ambientali, ma salva la previsione di altro termine da parte della disciplina di settore) dalla richiesta di una amministrazione a un’altra, anche preposta alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale e dei beni culturali. Questo meccanismo non è previsto sulle domande dei privati.

Ora quando deve avviare un intervento edilizio, il cittadino ha di fronte a sé due strade. La via maestra è quella di rivolgersi allo Sportello unico per l’edilizia. Va in questo senso, l’articolo 5, comma 1-bis, del Testo unico dell’edilizia, per cui «lo sportello unico per l’edilizia costituisce l’unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l’intervento edilizio oggetto dello stesso». In pratica, ci pensa il Comune a rivolgersi alla Soprintendenza o alla diversa amministrazione coinvolta nella tutela del vincolo. Lo sportello unico – prosegue la norma «fornisce una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte», acquisendo «gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico».

Le cose però non funzionano sempre così: a volte gli interessati (soprattutto se l’intervento è su un bene vincolato) scelgono l’altra strada e si rivolgono direttamente in Soprintendenza o presso le altre amministrazioni titolate per risolvere i profili di tutela dei valori vincolati, prima di presentare al Comune il progetto edilizio.

Questa soluzione è ancora possibile? Stando alla lettera del comma 5-bis parrebbe di no, anche perché secondo il nuovo comma 7-bis «le amministrazioni pubbliche diverse dal Comune, che sono interessate al procedimento sono tenute a trasmettere immediatamente allo sportello unico per l’edilizia le denunce, le domande, le segnalazioni, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati», con la conseguenza che la domanda di nullaosta presentata direttamente all’ente competente sarebbe destinata a tornare in Comune prima ancora di essere istruita nel merito.

Non deve però dimenticarsi che il Consiglio di Stato (sentenza n. 4312/2012) ha chiarito che il procedimento strettamente edilizio è separato da quello del nullaosta, per cui l’ente compente a rilasciare il via libera non dovrebbe fare da semplice passacarte, sotto pena di essere considerato inadempiente a un proprio specifico dovere.

A conferma di ciò depone anche l’espressa previsione dell’articolo 23, comma 4, del Testo unico dell’edilizia che, in tema di Dia, continua a prevedere la possibilità che «il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela … sia allegato alla denuncia». Una norma che non avrebbe senso se lo sportello unico fosse davvero l’unica porta di accesso alla Pa anche per i procedimenti distinti, per quanto connessi, da quello propriamente edilizio.

In questo contesto si pone la recente adozione dei modelli unici della Superdia, che restano soggetti ai pareri delle soprintendenze e degli altri enti preposti alla tutela dei vincoli, che in Italia interessano gran parte del patrimonio edilizio esistente.

Ma ora, con la riforma della Pa, diventa ancora più conveniente la scelta di lasciare che all’istruttoria della Superdia o di altro titolo abilitativo per l’edilizia ci pensi il Comune: solo chi si rivolge allo sportello unico, infatti, può avvalersi del silenzio assenso dopo 30 giorni, che continua a non essere previsto sulle domande dei privati.

 

Focus: La Superdia

  • La ristrutturazione edilizia «pesante»: vengono classificati sotto questa categoria gli interventi edilizi che secondo la definizione del Testo unico edilizia portino a «un organismo edilizia in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino un aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso» (Testo unico edilizia, DPR 380/2001, art. 10, co. 1, let. c);
  • La nuova costruzione / 1: La Superdia può essere presentata in alternativa al permesso di costruire, secondo la definizione del testo unico dell’edilizia, anche per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica, solo se disciplinati da piani attuativi o da accordi negoziali con valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive (Testo unico edilizia, DPR 380/2001, art. 22, co. 3, let. b);
  • La nuova costruzione / 2: La presentazione della Superdia è ammessa sempre dal Testo unico nazionale nel caso di nuova edificazione, se l’intervento previsto è «in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano- volumetriche» (Testo unico edilizia, DPR 380/2001, art. 22, co. 3, let. c);
  • Le disposizioni regionali: Le Regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni. Non tutte sono intervenute e hanno ammesso la Superdia. La procedura non è ammessa, per esempio, in Emilia Romagna e in Toscana. In altre Regioni, prime tra tutte la Lombardia, lo strumento risulta molto utilizzato (Testo unico edilizia, DPR 380/2001, art. 23, co. 4).